Il paralitico e i suoi peccati

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Giulio Michelini VII Domenica del tempo ordinario - anno B

Il racconto della guarigione del paralitico a Cafàrnao (Mc 2,1-12) può essere suddiviso in quattro parti. Nell’introduzione, Marco riferisce che Gesù torna a Cafarnao, per risiedere probabilmente presso la casa di Pietro, dove accorre subito molta folla. Gesù lì “annunciava” (l’imperfetto durativo greco indica un’azione abituale, ripetuta) “la parola”. Entra poi in scena il paralitico, portato da quattro persone. Gesù vede la fede dei suoi compagni e si rivolge all’infermo per annunciargli il perdono. La terza scena sembra un dialogo con gli scribi, ma in realtà è un vero e proprio monologo: gli scribi infatti non sono veri interlocutori, non rispondono, scelgono di non intervenire.

La conclusione del brano è appena tratteggiata (il paralitico guarito torna a casa), ma con una sottolineatura teologica importante, data dal verbo che esprime la reazione dei “tutti”, che glorificavano (Cei: “lodavano”) Dio dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile”. Il paralitico non può far nulla. Può solo essere portato, e probabilmente questa non è nemmeno una scelta sua: saranno stati gli amici e i parenti a decidere che valeva la pena farlo incontrare con Gesù. Forse qui è nascosto un messaggio che vale per tutti, soprattutto nei momenti di difficoltà. Ci sono situazioni, infatti, per le quali non resta nient’altro da fare se non farsi aiutare e ‘trasportare’ dagli altri. I Padri della Chiesa hanno pensato che nel paralitico fosse simbolicamente evocata l’anima dei credenti, “che ha bisogno di tutti per essere sollevata e portata a Cristo”, e che riceve aiuto dalla comunità; o addirittura hanno visto nei quattro che portano il paralitico “i quattro libri del santo Vangelo”, o “le quattro virtù che portano alla salvezza” (Beda, In Evang. Marc. 2).

Gesù, vedendo la fede di chi amava il paralitico tanto da portarlo alla sua presenza, gli annuncia il perdono dei peccati. Avviene qui qualcosa di straordinario. “I suoi compagni, che in un modo o nell’altro sono riusciti a introdurre il loro amico nella casa, si aspettano come cosa ovvia che Gesù gli ridia l’uso degli arti. E il lettore si aspetta lo stesso. Invece, al punto in cui in racconti simili si narra la guarigione, i termini sono capovolti, per così dire, e Gesù dice, non richiesto e per nessuna ragione apparente, al paralitico: Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”. (B. Van Iersel, Leggere Marco, Cinisello Balsamo 1989).

È la prima volta che nel Vangelo di Marco Gesù parla di peccato e di perdono. Questa coppia di parole in verità si trova già nel secondo Vangelo, in Mc 1,4-5, ma lì sono usate per dire che il Battista “predicava un battesimo di penitenza per il perdono dei peccati”. Solo ora, invece, veniamo ad apprendere qual è l’atteggiamento di Gesù nei confronti del peccato dell’uomo. Egli – il Figlio dell’Uomo – è venuto per annunciare qualcosa a cui è difficile credere: il perdono di Dio. Il nostro brano è puntuale nello stabilire la successione delle azioni rispetto al paralitico: prima gli vengono perdonati i peccati (v. 5), solo in seguito viene guarito (v. 11). Si parla quindi di una guarigione più grande. È arrivato il Messia ad annunciare un regno di misericordia, dove nemmeno il peccato ha lo spazio che occupava prima. Per entrare in questo regno, però, bisogna convertirsi, cambiare mentalità, modo di pensare. E di pensare anche Dio.

Infatti, gli scribi, che siedono e “pensano” presso la porta, non credono, e si perdono nei loro pensieri. Davvero Dio può permettere che i peccati vengano perdonati così facilmente, solo con una parola? Questo Gesù non sarà uno sprovveduto, un impostore, o addirittura un bestemmiatore? Finalmente però qualcuno crede a Gesù. È il paralitico. Non lo si capisce da quello che dice, perché non parla, in effetti, ma obbedisce in modo perfetto ai tre imperativi che gli sono rivolti: “Alzati”, “prendi”, “va’”, a cui seguono le azioni descritte da Marco con gli stessi verbi: “si alzò”, “prese”, con una variazione del terzo verbo, “uscì”.

Anche la folla si lascia interpellare, e loda Dio con il suo stupore: “Non abbiamo mai visto nulla di simile”. Sono il paralitico e la folla gli unici a riconoscere la novità che Gesù porta. Gli scribi si chiamano fuori sin dall’inizio, non provano nemmeno ad ascoltare; nemmeno il miracolo li scuote, e ciò che a loro importa sono solo vuoti pensieri. A quali parole avrà dato ascolto il paralitico? Avrà creduto anche al perdono dei suoi peccati? Sì, e la riprova ne è che riesce ad alzarsi, ovvero a risorgere (eghéiro è il verbo della risurrezione) e ad iniziare una vita nuova.

AUTORE: Padre Giulio Michelini