Anche quest’anno, nel cuore della notte santa di Pasqua, la Chiesa inviterà i fedeli a rinnovare le promesse del battesimo e a ricevere l’aspersione con l’acqua del “sacro fonte”. Riti a volte sbrigati in fretta, quasi en passant: il prete e i fedeli sono stanchi dopo la lunga liturgia della Parola della Veglia pasquale, e c’è ancora da celebrare la solenne liturgia eucaristica… Riti semplici, che impallidiscono dinanzi alla suggestione di altri momenti liturgici – come la lavanda dei piedi, il bacio della croce o l’ingresso del cero pasquale nella chiesa buia – e alla carica emozionale delle manifestazioni della religiosità popolare. Eppure il senso della Pasqua è tutto lì, nel riconoscere che ancora ci interessa essere cristiani, che siamo ancora convinti che ne valga la pena, che ci fidiamo ancora di Dio. Nonostante le bombe nelle chiese, il gas sugli ospedali e i camion impazziti nelle strade.
Nonostante il terremoto che ha colpito, insieme alle case e alle imprese, le opere d’arte testimoni della tradizione cristiana dei nostri paesi. Nonostante i venti di guerra che spirano sempre più forti in diverse parti del mondo. Nonostante una crisi economica che non accenna ad allentare la presa sulle famiglie e sui giovani. Nonostante le derive di una società che, per tutelare veri o presunti diritti degli individui, vede progressivamente indebolirsi i legami familiari e sociali. Nonostante la debolezza politica e culturale dei nostri Paesi nel gestire l’imponente fenomeno migratorio di questi anni. Nonostante l’esperienza del limite, della fragilità e della morte che anche negli ultimi mesi avrà senz’altro attraversato la vita quotidiana di persone, famiglie e istituzioni. Nonostante – come sosteneva Yossl Rakover, combattente ebreo dell’agonizzante ghetto di Varsavia – Dio sembri fare di tutto perché non crediamo in Lui.
Eppure, nel cuore della notte di Pasqua, molti uomini e donne della nostra Umbria professeranno ancora la loro fede nel Dio di Gesù Cristo. Non solo per tradizione o per una sorta di automatismo rituale, ma perché convinti che l’avvenimento pasquale, la risurrezione di Gesù di Nazaret, chiamato Cristo, consenta loro di fronteggiare tutto questo senza esserne schiacciati. Come è già accaduto in passato ai nostri padri, che hanno conosciuto persecuzioni, sfide, guerre e crisi di proporzioni gigantesche, da cui sono riusciti sempre a risorgere: ricostruzioni impegnative, creazioni originali, nuove sintesi culturali, invenzioni geniali, sprazzi sorprendenti di bellezza e di carità…
Quante volte l’esperienza pasquale si è inverata nella nostra storia, grazie alla fede, alla tenace speranza e alla dedizione generosa dei credenti di allora! Di questa straordinaria energia spirituale, che si sprigiona dalla fede nel Risorto, abbiamo più che mai bisogno oggi, in una regione che deve trovare nuovi stimoli e nuove idee per affrontare il futuro. Come scrive Papa Francesco nella Laudato si’, l’umanità non può privarsi della prospettiva religiosa, se vuole custodire se stessa e la propria “casa comune”. E noi umbri, fortunati eredi di Benedetto e Francesco, potremo essere davvero in pole position se, come loro, ci lasceremo ispirare dalla fede pasquale a immaginare e perseguire un futuro migliore. Buona Pasqua, dunque, a tutti i cari lettori de La Voce e a tutti gli umbri che hanno voglia di risorgere.