‘È iniziata la gara indetta dal Consiglio europeo a chi arriva prima al traguardo della parificazione tra matrimonio e convivenze comunque formate e la Regione Umbria, a quanto pare, non solo vuole partecipare alla gara ma ambisce a questo primato’. Lo ha detto mons. Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia – Città della Pieve, presidente della Conferenza episcopale umbra e vicepresidente della Cei, in una intervista pubblicata mercoledì 8 febbraio da Avvenire, che alla proposta di legge presentata in Consiglio regionale ha dedicato una pagina. ‘Di fatto la proposta è una squalificazione del matrimonio tra un uomo e una donna così come previsto dalla Costituzione italiana ed è anche, nel suo minuzioso articolato, una sorta di mina devastante per la famiglia generatrice ed educatrice di vita umana, nucleo portante della società’ ha aggiunto mons. Chiaretti, per il quale dietro vi sarebbe una ideologia e non un bisogno, ‘una ideologia che si vuole divulgare sulla base di particolari motivi ideologici portati avanti da lobby ben precise, non per risolvere singoli casi per i quali basta la legge ordinaria, ma per imporre modelli di vita assolutamente diversi che siano squalificanti del matrimonio e di conseguenza della famiglia che nasce da un matrimonio tra un uomo e una donna’. Anche per questo, oltre che per il generico riferimento a ‘due persone’, la proposta di legge pare essere ‘un cavallo di troia che di fatto porta dentro di sè questa mina per far passare in maniera surrettizia quello che non riesce a passare alla luce del sole perché c’è una opinione pubblica generalizzata che è ostile al riconoscimento delle unioni omosessuali’. La voce di mons. Chiaretti tradisce una punta di amarezza per quello che pare riproporsi come un dialogo tra sordi, dopo il dibattito innescatosi sullo Statuto regionale nel quale si volevano equiparare le coppie di fatto alle famiglie. Ma allora perché la Chiesa insiste, davvero è interessata alla difesa dei propri privilegi? ‘La Chiesa – risponde Chiaretti – come ha detto Papa benedetto XVI difende questi valori non in nome della sua fede ma in nome della ragione per portare il suo contributo etico’. La proposta di legge offre una ‘scimmiottatura del matrimonio’ poiché, osserva Chiaretti, ‘se si vuol regolamentare tutti i diritti ‘come’ per i coniugi e il nucleo familiare, allora perché non il matrimonio?’. Il riferimento non è al matrimonio religioso, perché non è di difesa di un sacramento che si tratta. La legislazione non deve entrare nell’ambito della Chiesa, aggiunge mons. Chiaretti, ma deve interessarsi del ‘bene comune’ che è ‘l’ambito della difesa del matrimonio tra un uomo e una donna per dare vita ad una famiglia che sia generatrice e quindi educatrice di vita in maniera che sia vita pienamente umana, responsabile, consapevole e socializzata nel modo migliore e quindi fattore di civilizzazione e di umanizzazione’. Perciò la chiesa non può avallare legislazioni di questo tipo, per questo l’impegno che Chiesa mette anche sul piano etico e che la fa intervenire ‘è un impegno che nasce da una precisa visione antropologica, non legata alla sua teologia o peggio ideologia ma legata alla corretta razionalità della persona’. ‘Bisognerà – aggiunge – che ci sia anche questo ascolto della voce della Chiesa che parla proprio perché la società possa essere aiutata in questo suo cammino. Diversamente quello che sembra un progresso diventerà un regresso, una involuzione’.
Unioni di fatto: la Regione vuol arrivare prima
Mons. Chiaretti: un cavallo di Troia per far passare quello che gli italiani non vogliono
AUTORE:
Maria Rita Valli