Adesso anche Renzi – qualunque cosa intendesse dire veramente – ha fatta sua la fatidica frase “aiutiamoli a casa loro”, riferita a quei migranti che scappano in massa dall’Africa rischiando di naufragare nelle acque del Mediterraneo. Riflettiamo un po’ su quella frase. Da un certo punto di vista, è una ovvietà, o meglio lo sarebbe se chi la pronuncia avesse le idee chiare su che cosa bisogna fare, e magari lo facesse. Ma da un altro punto di vista è un’espressione senza senso.
L’arretratezza e la povertà della maggior parte delle popolazioni dell’Africa subsahariana e del Corno d’Africa sono terribili e hanno cause remote e molteplici. Consideriamo solo una delle piaghe, l’analfabetismo, che in molti di quei Paesi va dal 20 al 60 per cento della popolazione. Come si fa a costruire e organizzare scuole per tanta gente? E dove si troveranno i maestri? Poi, oltre alle scuole elementari, ci vorrebbero le medie e le superiori o almeno le scuole professionali. Non parliamo delle strutture economiche e delle infrastrutture: banche, telecomunicazioni, trasporti, ospedali. Immaginate che si dia al Governo di un Paese qualunque una grossa somma di denaro da investire nella creazione di un polo industriale: chi lo progetterà? Chi lo realizzerà? Chi lo dirigerà? Ammesso, si capisce, che i soldi inviati laggiù venissero impiegati realmente per quello scopo e non prendessero altre strade.
La verità è che il nostro modello economico e sociale, quello che “loro” vedono in tv e li attira, è stato costruito con un lavorìo di secoli e richiede un sottofondo culturale, una cultura di massa che non si impara a scuola, ma si tramanda attraverso le generazioni, così come si tramandano le infrastrutture materiali, gli strumenti del sapere, le arti, le professioni e i mestieri, le abitudini civiche.
Vediamo come è difficile per noi italiani replicare lo spirito di organizzazione, che so, degli svedesi e dei tedeschi. Ma anche in Italia, fra una regione e l’altra, quante differenze di mentalità e di senso civico! E come si riflettono in diversi gradi di efficienza dei servizi sociali e della pubblica amministrazione! Ma se anche volessimo raccogliere questa sfida immane di trasformare l’Africa – quanto a benessere collettivo – in una nuova Europa, ci vorrebbero investimenti colossali non solo in denaro ma anche in energie umane. Chi ci riuscirà?
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