In Europa c’è “una crisi di solidarietà e volontà politica” nei confronti della questione migrazioni, con Paesi come l’Italia che si trovano a reggere il peso maggiore. La priorità è solo respingere i migranti attraverso i rimpatri, rafforzare i controlli alle frontiere meridionali della Libia per impedire loro di arrivare in Europa, senza tener conto delle drammatiche situazioni da cui fuggono e del rischio di ulteriori violazioni dei diritti umani. Leïla Bodeux, responsabile ufficio Migrazione e asilo di Caritas Europa, è molto critica nei confronti del Piano d’azione della Commissione europea per il Mediterraneo centrale di cui si è discusso il 6 luglio al vertice informale di Tallinn. “Concentrarsi solo sulla sicurezza – afferma – è controproducente perché alimenta le reti dei trafficanti, costringe le persone a intraprendere rotte più pericolose, e non diminuisce l’immigrazione irregolare, anzi il contrario”.
Qual è la posizione di Caritas Europa riguardo al Piano d’azione della Commissione europea per il Mediterraneo centrale?
“Ci dispiace che la maggior parte delle proposte non siano nuove, e ci rincresce che siano centrate sulla cooperazione con la Libia – senza prendere in considerazione la necessità di garantire i diritti umani e i principi -, sul controllo delle frontiere e i rimpatri. C’è anche la raccomandazione della Commissione all’Italia di implementare la legge Minniti, prorogando il periodo di detenzione nei Centri di espulsione”.
Le misure europee intendono aiutare l’Italia a ridurre la pressione migratoria nel Mediterraneo centrale, ma non si vede una grande solidarietà da parte degli altri Stati…
“Siamo testimoni di una crisi di solidarietà e volontà politica dovuta a una narrazione politica negativa sulla migrazione, sfortunatamente dominante in molti Paesi. La migrazione è erroneamente considerata una minaccia o un problema, piuttosto che un’opportunità”.
Tra le proposte della Commissione europea c’è quella di inviare, su richiesta dell’Italia, 500 esperti in rimpatri, di esternalizzare le frontiere in Africa rafforzando i controlli e incrementare gli “hot spot”. La priorità dell’Europa è solo il rientro dei migranti economici?
“Purtroppo sì, il controllo delle frontiere e i rimpatri sono la priorità per la Commissione europea e gli Stati membri. Diverse misure sono centrate su questo, ad esempio il Consiglio dell’Ue Trust Fund (fondo fiduciario europeo) dovrebbe adottare entro fine luglio un progetto di gestione della frontiera marittima e terrestre in Libia voluto dall’Italia, insieme alla Commissione, pari a 46 milioni di euro; l’Ue e gli Stati membri dovrebbero lavorare con la Libia per rafforzare in maniera significativa e veloce i confini alle frontiere esterne della Libia (in particolare a sud), per ostacolare ulteriori flussi migratori. Tutto ciò include il rafforzamento della cooperazione con i Paesi del G5 Sahel e la creazione, con il sostegno finanziario di 50 milioni di euro da parte dell’Ue, di una ‘forza congiunta’ decisa durante l’ultimo summit dei G5, con l’obiettivo di ristabilire il controllo delle frontiere nelle aree di transito di Mali, Burkina Faso e Niger. C’è una chiara intenzione di impedire l’arrivo dei migranti in Libia, aumentando i controlli alla frontiera meridionale libica. Questo approccio non tiene conto delle ragioni per cui le persone sono costrette a fuggire (guerre, conflitti, disastri naturali) e ha lo scopo di farle restare dove sono. A nostro avviso, concentrarsi solo sulla sicurezza è controproducente perché alimenta le reti dei trafficanti, costringe le persone a intraprendere rotte più pericolose, e non diminuisce l’immigrazione irregolare, anzi il contrario”.
Tra le proposte della Commissione c’è la richiesta all’Italia di redigere un Codice di condotta per le Ong che fanno attività di ricerca e soccorso in mare. Qual è il vero scopo, dopo diversi mesi di criminalizzazione nei loro confronti?
“L’Italia scriverà un Codice di condotta in coordinamento con la Commissione europea e Frontex, che dovrebbe essere rivolto a tutti gli attori coinvolti nelle operazioni di ricerca e soccorso in mare, non solo alle Ong. L’obiettivo dovrebbe essere di migliorare il coordinamento e salvare vite umane anziché demonizzare e criminalizzare le Ong. Ci auguriamo che alle Ong non venga proibito di sbarcare in Italia. La società civile dovrebbe essere consultata nella stesura di questo Codice di condotta. Ci dispiace vedere il dibattito politico negativo e pericoloso che coinvolge le Ong in Italia e in altri Paesi. Le Ong dovrebbero essere lodate per il lavoro che fanno e le vite che salvano, anziché essere accusate di collusione con i trafficanti”.
Cosa pensate delle misure che riguardano la Libia?
“La situazione politica in Libia è molto caotica e frammentata. Molti rapporti hanno documentato numerosi abusi nei confronti dei migranti (stupri, torture, lavoro forzato), che accadono anche nei Centri di detenzione sotto controllo statale. In queste circostanze, rafforzare la cooperazione con la Libia senza monitorare attentamente le loro attività rischia di portare a violazioni dei diritti umani. I responsabili politici dell’Ue dovrebbero smettere di provare ad esternalizzare le politiche di asilo e migrazione in Libia”.