Ogni anno la Giornata per la vita è occasione per fare un bilancio sullo stato della cultura della vita, spesso a partire dai dati sugli aborti effettuati nell’anno precedente. Sono numeri che rischiano di passare inosservati. Anche nella nostra regione i dati ufficiali mostrano una costante diminuzione del numero di aborti da quando la lege 194 è stata approvata, ma nessuno mette in evidenza cosa c’è dietro quella linea del grafico che va in discesa. C’è che dopo venti anni di 194 ancora nella nostra regione si fanno 2.482 aborti in un anno, e che quel numero, messo accanto al numero dei bambini che nascono, indica che una donna su quattro che restano incinta decide di abortire. Una su quattro. Perché fanno questa scelta che tutti, anche i sostenitori dell’aborto, ammettono essere difficile, dolorosa e traumatica? I rilevamenti statistici non prevedono di raccogliere le loro risposte. Forse la domanda non viene neppure fatta dal medico che firma il certificato per abortire. Sulle cause, dunque, si fanno ipotesi e la più evocata è di carattere economico: povertà o rischio di perdere o di non avere un posto di lavoro. La paura di avere un figlio malato non pare sia in pole position. Ebbene il problema lavoro c’è, è reale, e la testimonianza che riportiamo in questa pagina ci fa vivere il senso di precarietà in cui la donna può trovarsi a vivere la gravidanza. E il problema lavoro è stato quello meglio illustrato, poco più di un mese fa al consultorio della Asl del Perugino, dalla Consigliera Regionale di Parità Marina Toschi. Ginecologa, femminista di sinistra che dopo aver efficacemente rappresentato le difficoltà che le donne trovano sul lavoro (del tipo: se sei incinta o se pensi di sposarti non ti assumo e se sei assunta rischi il licenziamento), ha concluso che la legge 194 deve essere difesa per permettere alle donne di abortire perché altrimenti perdono il lavoro! Il suona come una rinuncia ad affermare i diritti delle donne, che sono diritto al lavoro ma anche diritto alla maternità. Ma è il fatto economico la vera causa che porta all’aborto? Dall’esperienza dei Centri di aiuto alla vita (vedi box accanto) giungono anche altre risposte.
Se le femministe rinunciano a difendere i diritti delle donne resta solo il diritto all’aborto?
Giornata per la vita
AUTORE:
Maria Rita Valli