Multinazionali: Umbria poco appetibile

Di tutte le multinazionali presenti in Italia, solo lo 0,6 o 0,7 per cento si trovano in Umbria, una media cioè molto al di sotto di quella nazionale.

L’interessante inchiesta di Paolo Giovanelli sulle multinazionali presenti in Umbria, pubblicata nel n. 1 de La Voce, fornisce un utile contributo all’analisi di un fenomeno importante dell’economia regionale del quale pochi conoscono le dimensioni ed il trend. Come ulteriore dato di approfondimento, allego due tabelle, di fonte Ice ‘ Politecnico di Milano, che riguardano rispettivamente le imprese umbre a partecipazione estera (l’oggetto della vostra inchiesta) e le imprese estere partecipate da aziende umbre, nel quadriennio 2000-2004. Dalla prima tabella si evidenzia che le multinazionali in Umbria erano 47 nel 2004, la punta massima si è avuta nel 2002 con 48, anno in cui si è anche raggiunto il numero massimo di addetti: 7.885, scesi poi a 7.128 nel 2004. Il fatturato massimo di queste aziende si è registrato nel 2001, con 2.798 milioni di euro, sceso a 2.655 nel 2004. In termini percentuali l’Umbria pesa nel quadriennio per lo 0,6 – 0,7% del numero di imprese sul totale Italia, per lo 0,7 – 0,9% del numero di addetti e per lo 0,7 – 0,8% del fatturato. Se consideriamo che in termini di Pil l’Umbria si attesta intorno all’1,4% del totale Italia, si evince che il peso delle imprese umbre partecipate da società estere è nettamente inferiore a quello della media nazionale, per tutti e tre i parametri considerati. L’Umbria, in definitiva, non sembra essere una regione particolarmente appetibile per gli investitori stranieri. Dalla seconda tabella si evidenzia che per quanto riguarda gli investimenti di imprenditori umbri all’estero, nel 2004 si è raggiunta la punta massima di 75 aziende estere partecipate, pari allo 0,5% del totale Italia. Il numero di addetti di queste imprese, sempre nel 2004, ha toccato il suo massimo con 2.756 addetti, pari allo 0,2% del totale. Infine il loro fatturato massimo, riferito ancora al 2004, è stato di 325 milioni di euro, pari allo 0,1% del totale nazionale. Su questo versante, quindi, gli imprenditori umbri sembrano molto poco aperti all’internazionalizzazione e quando investono all’estero lo fanno replicando il modello dimensionale modesto delle loro imprese. Volendo quantificare il ‘saldo’ dell’internazionalizzazione della nostra regione nell’anno 2004, le imprese umbre partecipate dall’estero erano 28 in meno delle imprese estere partecipate da umbri, ma gli addetti delle prime erano 4.372 in più, con un fatturato superiore di ben 2.330 milioni di euro rispetto a quello realizzato dalle partecipate umbre all’estero. Il fenomeno quindi delle multinazionali sembra portare complessivamente beneficio all’economia regionale, ma i policy maker, gli imprenditori, le organizzazioni sindacali, il sistema del credito, l’università e tutti gli stakeholder coinvolti devono analizzarne più approfonditamente le implicazioni a breve ed a lungo termine. Va poi favorita, con un’appropriata attività di marketing territoriale, l’attrazione di capitali esteri in Umbria, sia attraverso acquisizioni di aziende già attive sul mercato, che con nuovi insediamenti nel nostro territorio. Ma va anche promossa la delocalizzazione produttiva di fasi di lavorazione non più economicamente sostenibili nel nostro territorio, da parte di aziende umbre e la creazione di strutture di commercializzazione e/o assistenza tecnica per presidiare meglio i vecchi ed i nuovi mercati di sbocco del Made in Umbria, sia da parte di singole imprese, che di loro consorzi o cluster di imprese, in proprio, ma anche in joint-venture con partner locali. La globalizzazione è un fenomeno irreversibile, anche la piccola Umbria non può ignorarlo, ma lo deve affrontare valorizzando al meglio le proprie competenze e le tante eccellenze di cui dispone, con una forte coesione tra tutti i soggetti coinvolti, con un’ottica di lungo periodo, un’adeguata pianificazione ed una forte cultura di marketing.

AUTORE: Alberto Mossone