Da evento a processo. Così potrebbe sintetizzarsi l’intendimento che ha mosso Papa Francesco nel donare alla Chiesa la lettera Misericordia et misera: è l’invito a passare da una celebrazione annuale straordinaria della misericordia a un cammino di Chiesa che sappia riscoprirla e viverla come centro della propria esistenza, cioè della propria relazione con Dio e del proprio servizio al mondo. In questo modo l’esperienza del giubileo non si conclude, ma si trasferisce nell’ordinario della vita e della missione dei credenti. A poco, infatti, sarebbe servito un anno tanto ricco di grazia, se esso non avesse innescato dei cambiamenti profondi nella mentalità e nell’azione. È questo un rischio di tutti gli avvenimenti straordinari: chi non ricorda le critiche alle Giornate Mondiale della Gioventù, viste come illusori “fuochi di artificio” rispetto al faticoso lavoro pastorale con i giovani nelle parrocchie, nelle associazioni e negli oratori?
Papa Francesco, quindi, batte il ferro ancora caldo dell’anno santo, ribadendo che la misericordia è il cuore dell’auspicata “conversione pastorale” della Chiesa; è l’essenziale del Vangelo, che occorre continuamente riscoprire, vivere e proporre. Per questo, al di là delle poche indicazioni innovative, peraltro enfatizzate dalla stampa (l’istituzione della Giornata Mondiale dei Poveri, la proposta di una domenica da dedicare annualmente alla Bibbia e l’estensione della facoltà di assoluzione dal peccato di aborto), Misericordia et misera offre una ricca serie di stimoli per una maggiore consapevolezza di come la vita della Chiesa sia intessuta di misericordia: la preghiera liturgica, soprattutto nell’eucaristia, nella penitenza e nell’unzione degli infermi; l’ascolto della parola; l’incontro con le persone vicine e lontane; l’esercizio creativo della carità.
L’anno giubilare ha fatto sperimentare la possibilità di gioire in prima persona del tesoro dell’amore gratuito e sorprendente di Dio, manifestato in Cristo, e di offrirlo a tutti con semplicità e letizia. Ora esso può e deve diventare quotidianità. I pochi paragrafi di Misericordia et misera vanno letti come rimandi all’Evangelii gaudium, alla Laudato si’ e all’Amoris laetitia, nel delineare i tratti di una Chiesa “attraente”, perché rinnovata profondamente dal perdono ricevuto e per questo divenuta capace di effondere amore sulle numerose ferite del mondo.
Vivere gli eventi è certamente impegnativo; lasciarsi coinvolgere nei processi è ancor più faticoso: si tratta infatti di metabolizzare l’esperienza vissuta, traducendola nella concretezza della pastorale ordinaria. Sono quindi fuor di luogo i sospiri di sollievo di chi, chiuse le porte sante, ha salutato il ritorno a un tranquillo quotidiano. Tele aggettivo, evidentemente, non appartiene al vocabolario di Papa Francesco.