Il terremoto ha aperto le porte alla misericordia

Don-Marco-Rufini-cmykCome si fa a parlare di misericordia in una parrocchia in cui il terremoto non ha lasciato in piedi niente? Tutto ciò che si poteva raccontare prima del 24 agosto, semplicemente non esiste più. In condizioni normali saremmo qui a narrare eventi, iniziative, esperienze: i vari incontri con l’arcivescovo, mons. Renato Boccardo, che sono stati momenti di preghiera, catechesi e di visita a luoghi significativi dove la misericordia viene vissuta come cura alle persone; un anno pastorale dove la misericordia è stata il filo conduttore di tutte le attività, fino alla partecipazione al grande pellegrinaggio regionale a Roma del 22 ottobre. E come non pensare al giubileo parrocchiale di Castelluccio del 14 agosto? Il giorno dopo, solennità dell’Assunta, per l’ultima volta le campane di quella chiesa parrocchiale avrebbero suonato a festa! Invece il terremoto concentra su di sé tutta l’attenzione.

Nel quotidiano incontrarsi e parlare alla fine l’argomento è sempre lo stesso; forse perché il terremoto che “passa” lascia segni orribili con i quali ogni giorno gli occhi si devono misurare. Certo, non ci sono state vittime, e questo non possiamo che chiamarlo miracolo; ma essere vivi richiede anche doversi continuamente confrontare con una domanda: quale futuro? Che senso può avere la misericordia in un territorio devastato dal sisma? Parlarne in un contesto così drammatico può quasi sembrare di fare accademia. E invece non è così. C’è anzitutto una misericordia ricevuta, fatta di segni concreti. Tanti sono gli aiuti materiali arrivati, di ogni genere, al punto di non sapere dove metterli. Tante sono state anche le presenze, a partire dalla visita di Papa Francesco: sono segni importanti, perché aiutano ad allontanare lo spettro del “restare soli”.

Particolarmente significative anche le visite dal card. Angelo Bagnasco, del card. Luis Antonio Tagle e di mons. Riccardo Fontana. Una dinamica di misericordia realmente commovente, che aiuta a non sprofondare insieme alle colonne di cemento armato. Ora, però, è tempo di guardare avanti; essere vivi, quale responsabilità ci affida in ordine al futuro? E la misericordia può avere un posto in tutto questo? In un clima di smarrimento, quello di bussola. Sì, perché il primo impegno resta quello di mantenere viva e unità una comunità, di ritrovare l’orizzonte della speranza e la voglia di andare avanti. Ed è proprio la misericordia il cemento che rende salda la comunione e la fonte di energia perennemente rinnovabile. Ripartire dalla misericordia in una quotidianità ferita e violentata significa avere l’opportunità di inquadrare una direzione in un contesto dove a volte la confusione sembra regnare incontrastata. Si tratta di una via dove ognuno può camminare e nella quale ognuno si può riconoscere. Non basta interpretare la parte di “quelli che hanno bisogno”, aspettandosi (e a volte pretendendo) tutto degli altri. In questi giorni, per fortuna, è stato possibile vedere tanti esempi di persone che, malgrado duramente provate, si sono messe a disposizione con impegno e generosità: è questa la strada! In ogni situazione dove si è capaci di prendersi cura gli uni degli altri e di camminare insieme, possiamo affermare che è iniziata la ricostruzione.

Il primo obiettivo che realisticamente si può provare a raggiungere (per il quale non sono necessari decreti governativi, perché basterebbe il Vangelo) è quello di edificare una comunità meno individualista e più solidale. Proprio per questo si è scelto di allestire un campo Caritas a Norcia, che prima ancora di essere una forma di assistenza, vuole proporsi come un segno di vicinanza della Chiesa alla gente e di testimonianza che mobiliti le coscienze di tutti. In questi giorni, il tendone parrocchiale dove celebriamo l’Eucaristia (e dove dopo le scosse del 24 agosto è stata aperta una Porta Santa straordinaria), essendo l’unico spazio a disposizione, funziona anche da centro di smistamento per beni di prima necessità. Più o meno ordinatamente, gli scatoloni fanno un po’ da cornice! Qualche giorno fa un giovane entrando ha esclamato: “Questa è proprio l’immagine della Chiesa di Francesco (il Santo Padre n.d.r.)!”. Ci ho pensato un po’, e a me è venuta in mente un’altra cosa: questa è la Chiesa! Punto. Al limite, la Chiesa di Gesù Cristo. Se poi la Chiesa di Francesco gli corrisponde, sarebbe anche normale, visto che è il Papa!

 

AUTORE: Don Marco Rufini