Parlando della futura distruzione del tempio di Gerusalemme, Gesù ammaestra i suoi discepoli sulla fine del mondo. La distruzione del Tempio è presa come il simbolo della fine dei tempi. I discepoli domandarono a Gesù due cose: “Quando avverrà tutto questo?” e “quali saranno i segni che accompagneranno questi avvenimenti?”. Notiamo subito che Gesù non risponde alla prima domanda, e appositamente. Egli vuole che i suoi discepoli siano sempre pronti e che perseverino nella fede, nella speranza e nella carità. Risponde solamente alla seconda domanda, annunciando che questi avvenimenti saranno accompagnati da grandi sconvolgimenti, da sofferenze e da segni grandi nel cielo; da terremoti, carestie, pestilenze e inganni di persone che si spacceranno come inviate da Dio. Soprattutto, parla di persecuzioni. La persecuzione è l’ultima e la più grande delle Beatitudini evangeliche, quella che procura una grande gloria in paradiso. Il cristiano non deve temerla. Anche se vi si troverà coinvolto, sa che non sarà mai solo, che il Signore gli sarà vicino in quel momento supremo. Gesù dice: “Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto” (Lc 21,16-18). Sembrano parole d’altri tempi, impossibili nella nostra epoca di democrazia e libertà. Purtroppo sono parole molto attuali, oggi più che mai. Basti pensare a quanti neo-cristiani devono addirittura fuggire dai loro Paesi per poter ricevere il battesimo, dovendo temere della vita perfino dai loro genitori. Gesù ci insegna a non temere: “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita” (Lc 21,19).
La perseveranza è la grazia più grande, per la quale dobbiamo pregare sempre. Bisogna perseverare ogni giorno per essere trovati in grazia di Dio al momento della nostra morte. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori si domandava quale fosse il modo più efficace per ottenere il dono della perseveranza. Enumerava a uno a uno i segni che dimostrano una fedeltà fino alla fine, e trovava che tutti erano difettosi in qualche cosa. E insegnava che, se anche uno compisse grandi miracoli, non potrebbe ritenersi al sicuro; anche se praticasse le virtù per lunghi anni, non potrebbe essere certo di continuare così per tutta la vita: si potrebbe insinuare un segreto orgoglio nel suo cuore, così da perdere tutto. Purtroppo, casi simili si sono verificati tante volte. Ma allora, qual è il segno più certo di perseveranza? Sant’Alfonso afferma chiaramente che tale segno è la preghiera continua: chi prega, certamente si salva. Poi il Santo si turba nuovamente e si domanda: “Ma sarò sicuro di pregare fino alla fine dei miei giorni?”. A questo nuovo timore, si getta nelle braccia della Madonna e le dice: “Madre amatissima, dammi il pensiero e la voglia di pregarti sempre!”. Il ricorso continuo alla Vergine Maria era la conclusione pratica di tutta la teologia di questo grande Santo, per questo motivo egli recitava molto spesso il rosario. Quando, arrivato alla vecchiaia, non si ricordava più se aveva già recitato i suoi rosari, domandava al frate che lo accudiva se lo avesse già fatto. Il frate gli diceva scherzosamente: “Padre, vorrei avere la metà di tutte le corone che ha recitato in più quest’oggi!”. Allora sant’Alfonso si faceva serio e diceva: “Fratello, non scherzare, non sai che dal rosario dipende la mia salvezza eterna?”. Ecco dunque il segreto per ottenere nel modo più facile il dono della perseveranza: pregare spesso il rosario della Vergine Maria. Lei lo ha sempre domandato ovunque è apparsa. “Se lo ha sempre chiesto, non ti sembra che ci sia un motivo importante?” domandava san Pio da Pietrelcina. E per questo anche padre Pio recitava di continuo il rosario. Impariamo da questi santi e ricorriamo continuamente anche noi alla Madonna: in questo modo otterremo facilmente il dono della perseveranza. Ecco il perché in famiglia confidiamo molto in questa preghiera, e pregandola ogni sera con i nostri figli, vediamo le grazie che da essa scaturiscono.