Un carcerato. Uno dei tanti – intorno ai 50.000 in Italia (di cui poco più di 2.000 le donne). Ma un po’ particolare, perché è stato condannato al cosiddetto “ergastolo ostativo”, cioè senza alcun beneficio o sconto di pena: quello dove, nel fascicolo, è scritto “fine pena: mai”. Si chiama Carmelo Musumeci. Non è credente in Dio – almeno così dice – ma crede nella possibilità di cambiare la propria vita. Nei lunghissimi anni di carcere che ha già scontato, ha ritrovato un senso alla vita: ha studiato, si è laureato due volte, ha ascoltato il “cuore” – suo e di tutti i carcerati -, ha raccontato il dolore e la speranza in racconti struggenti e drammatici. Il carcere, che lui chiama “l’assassino dei sogni”, non è riuscito a uccidere il suo “sogno” di vita nuova, risorta.
In occasione del Giubileo dei carcerati ha scritto una specie di preghiera: “Dio, siamo i cattivi, i maledetti e i colpevoli per sempre: siamo gli ergastolani, quelli che devono vivere nel nulla e marcire in una cella per tutta la vita. Dio, nelle carceri italiane ci sono uomini che sono solo ombre, che vedono scorrere il tempo senza di loro e che vivono aspettando di morire. Dio, molti ergastolani, dopo tanti anni di carcere, camminano, respirano e sembrano vivi, ma in realtà sono già morti. Dio, l’ergastolano non vive, pensa di sopravvivere e, in realtà, non fa neppure quello, perché l’ergastolo lo tiene solo in vita, ma non è vita. Dio, nessun ‘umano’ o ‘disumano’ meriterebbe di vivere una punizione senza fine, tutti dovrebbero aver diritto di sapere quando finisce la propria pena. Dio, nessun’altra specie vivente tiene un suo simile dentro una gabbia per tutta la vita; una pena che non finisce mai non ha nulla di umano e fa passare la voglia di vivere. Dio, dillo tu agli ‘umani’ che gli ergastolani non hanno paura della morte perché la loro vita non è poi così diversa dalla morte. Dio, dillo tu agli ‘umani’ che la pena dovrebbe essere buona e non cattiva, che dovrebbe risarcire e non vendicare.
Dio, dillo tu agli ‘umani’ che una pena che ruba il futuro per sempre, leva anche il rimorso per qualsiasi male uno abbia commesso. Dio, dillo tu agli ‘umani’ che solo il perdono suscita nei cattivi il senso di colpa, mentre le punizioni crudeli e senza futuro fanno sentire innocenti anche i peggiori criminali. Dio, dillo tu agli ‘umani’ che dopo tanti anni di carcere non si punisce più la persona che ha commesso il crimine, ma si punisce un’altra persona che con quel crimine non c’entra più nulla. Dio, come fa a rieducare una pena che non finisce mai? E poi, che senso avrebbe morire in cella rieducati? Dio, pensiamo che a te importi più che si possa ritornare rieducati fra gli uomini, a portare buone parole, che un rieducato morto, che neanche tu forse sapresti cosa farne… Dio, dillo tu agli ‘umani’ che l’ergastolo è una vera e propria tortura, che umilia la vita e il suo creatore. Dio, dillo tu agli ‘umani’ che la miglior difesa contro l’odio è l’amore e la miglior vendetta è il perdono. Dio, non so pregare, ma ti prego lo stesso: se proprio non puoi aiutarci, o se gli umani non ti danno retta, facci almeno morire presto”. Sono cappellano del carcere femminile di Perugia da oltre 20 anni. Come tutti noi cappellani, ho incrociato tanti sguardi, asciugato tante lacrime, accarezzato tanti volti… ho anche incontrato Carmelo, un giorno che gli hanno concesso un permesso presso la comunità Giovanni XXIII.
Ogni nostra parola, o silenzio, vuol essere un modo per dire a tutte (tutti), coraggio! La misericordia di Dio non si ferma davanti alla porta di ferro del carcere. Non si ferma nemmeno davanti al cuore, a volte sbarrato, di alcuni – anche il nostro. Del resto, il nostro Dio è abituato a bussare alla porta di tutti (Apoc 3,20); e resta lì, in attesa che qualcuno gli apra. È rimasto, per esempio, in attesa di Zaccheo, è entrato nella sua casa; e sappiamo che cosa è accaduto quel giorno, a Gerico. Giubileo della Misericordia: alcuni carcerati sono stati invitati a Roma domenica 6 novembre. Tutti però, ha scritto questo nostro stupendo Papa Francesco, possono attraversare la porta (blindo) della propria cella e farla diventare “porta santa”. L’Anno santo della Misericordia termina ufficialmente domenica 20 novembre. Ma certo non termina né si esaurisce la misericordia nel cuore del Padre. Finché i vari Carmelo possano essere chiamati da Gesù, anche loro, con un nome nuovo: Zaccheo, cioè “puro, giusto”.