Un bel segno di novità in campo ecumenico sarà la commemorazione del quinto centenario della Riforma di Lutero. Per la prima volta cattolici e luterani si ritroveranno in modo solenne a Lund, in Svezia, per fare memoria insieme.
Sarà Papa Francesco a suggellare con la sua presenza l’eccezionalità dell’evento, insieme al vescovo Munib Younan e al rev. Martin Junge, in rappresentanza delle 145 Chiese che fanno parte della Federazione luterana mondiale.
È stata scelta la cattedrale di Lund come luogo della commemorazione perché è proprio qui che la Federazione mondiale luterana è nata 69 anni fa, nel 1947.
Sono invece passati 500 anni da quando, nel 1517, Lutero affisse sul portone della cattedrale di Wittenberg le 95 Tesi in cui pubblicamente contestava la diffusa pratica della vendita delle indulgenze. Sebbene sia da tempo accertato dagli storici che Lutero non aveva intenzione di fondare una “nuova” Chiesa, di fatto l’evolversi degli eventi portò a una divisione del cristianesimo d’Occidente, generando conflitti, violenze e guerre, con conseguenze sentite ancora oggi.
Per questo motivo gli anniversari dei centenari della Riforma sono stati fino a oggi fonte di polemica e confronto tra le due Confessioni.
Quest’anno però sarà diverso: il 31 ottobre Papa Bergoglio volerà in Svezia, dove la Chiesa cattolica e la Federazione luterana mondiale hanno organizzato insieme una celebrazione commemorativa che comprende una funzione ecumenica nel duomo di Lund e una manifestazione aperta a tutti nella stadio di Malmö.
È don Angelo Maffeis, docente di Teologia sistematica e membro della Commissione internazionale del dialogo cattolico-luterano, a spiegare l’originalità storica di questa commemorazione comune.
“Mi pare – dice – che sia un segno che nasce da una coincidenza singolare, quella tra i 500 anni della Riforma, legati alla pubblicazioni delle tesi sulle indulgenze da parte di Lutero, e i 50 anni del dialogo cattolico-luterano, cominciato nella stagione successiva al Concilio ed ufficializzato nel 1967”.
Insomma, le novità che irrompono nella Storia non sono mai casuali ma sempre frutto di un paziente cammino di dialogo durato nel tempo, e costellato di incontri che hanno portato anche ad accordi importanti, vere e proprie pietre miliari del movimento ecumenico, come la Dichiarazione congiunta – tra cattolici e luterani – sulla dottrina della giustificazione (1999).
In questo tempo è cambiata profondamente anche la lettura dei fenomeni storici legati alla Riforma. “Ci siamo lasciati alle spalle una prospettiva inevitabilmente condizionata dalla controversia confessionale”, spiega Maffeis, per cui, da parte protestante, Lutero veniva “riconosciuto come il ‘padre’ della Chiesa, colui che ha rinnovato l’annuncio del Vangelo in una condizione in cui era oscurato e deformato”, mentre da parte cattolica “lo si accusava di essere colui che aveva distrutto l’unità della Chiesa, trascinando tante persone nell’errore e nell’eresia. La lettura oggi è più complessa e sfumata”.
Chi era allora Lutero, e a cosa mirava la sua Riforma? “Era un monaco che ha dedicato la sua vita alla studio della Scrittura, e attraverso questo studio ha maturato la convinzione che in quel tempo l’annuncio centrale del Vangelo era stato oscurato. Oggi la ricerca mette in luce che Lutero non intendeva iniziare un progetto di riforma per fondare una nuova Chiesa ma sottolineare la necessità di rinnovare la Chiesa esistente”.
Quello che forse non è avvenuto è il passaggio successivo: le ricerche degli specialisti non sono riuscite a tradursi in termini di coscienza condivisa. “La mia impressione – afferma Maffeis – è che soprattutto nella vulgata comune persistano ancora molti i pregiudizi, per cui l’auspicio è che questo quinto centenario della Riforma possa servire a compiere questo passo”.
Lo stesso termine “riforma” – prosegue l’esperto – “per secoli è stato visto con sospetto perché evocava la divisione ecclesiale. Fu il Concilio vaticano II a recuperare questo tema e a restituirgli legittimità”.
Si era agli inizi del movimento ecumenico, quando si percepì chiaramente che i cristiani non potevano annunciare con credibilità il Vangelo se erano divisi. Oggi il tema si fa ancora più “caldo” in una Europa secolarizzata e post-cristiana dove “più che le differenze confessionali, ad emergere come essenziale e urgente è il problema dell’annuncio della fede cristiana”.
L’arrivo a Roma di Papa Francesco ha accelerato i tempi, proponendo come centrale questo sforzo di annuncio del Vangelo. Papa Francesco – osserva il teologo – è “forse meno sensibile alle questioni classiche della teologia e della controversia, di cui si sono occupati anche i dialoghi [della Commissione], ma credo che il suo documento programmatico da questo punto di vista sia la Evangelii guadium, con l’appello alla Chiesa perché ritrovi la freschezza dell’annuncio del Vangelo.
Un compito condiviso da tutti i cristiani perché, attraverso la loro testimonianza, le persone possano incontrare il Signore anche in un mondo secolarizzato come il nostro. Un compito primario, che riporta il movimento ecumenico al suo centro”.