Laicità e volontariato

La terra dei santi Benedetto e Francesco ha tra i suoi tesori la cultura della solidarietà, che è diventata quasi un modo d’essere del nostro popolo. Un gran numero di persone si dedicano al volontariato. Dobbiamo riconoscere che le istituzioni pubbliche sono assai sensibili alle fasce più deboli della società. Le Chiese dell’Umbria sono in buona collaborazione con tutti, ma non si identificano né con il pubblico né con il volontariato. Sono convinto che giova promuovere una riflessione per favorire un sempre più alto livello di interazione tra chi ogni giorno si trova a collaborare. La laicità dello Stato è un valore in sé, soprattutto quando non ci facciamo confondere dai bisticci delle parole e riusciamo a ricordare che il termine ‘laico’ ha una lunga storia, ma anche un suo significato oggettivo, come aggettivo verbale della stessa radice di popolo. Laico vuol dire di tutti, cioè del popolo. A volte si ha l’impressione che la cultura ha aiutato molti a liberarsi dei fantasmi ottocenteschi in cui l’Italia di quell’epoca si era contrapposta e divisa tra le parti. Mentre con lodevole impegno dei migliori se ne costruiva finalmente l’unità, alcuni si riconoscevano come ‘clericali’ e altri appunto come ‘laici’; ma proprio il gioco delle parti fece sì che in un certo sentire comune ‘clericale’ diventasse una nota negativa di non apertura al dialogo e ‘laico’ sinonimo di anticlericale, con tutte le sfumature e le consonanze che fanno parte della nostra storia. Credo, in molti vorrebbero che quelle barricate fossero finalmente superate. Dunque laico vuol dire di tutti e le istituzioni dello Stato, anche in materia sociale, sono laiche perché sono di tutti.Il riferimento ne è la Legge e da essa promana un dovere a farsi carico di tutto ciò che rientra nella specifica competenza d’ogni servizio. Nella natura del volontariato vi è la opzione morale per la quale la persona si rende disponibile a collaborare per il bene degli altri. Ogni persona ha il dovere di fare la sua parte per il bene comune; ma i limiti e le modalità del suo intervento sono riservati alla coscienza. Non parlerei di libertà, ma di espressione non coercibile dall’esterno di comportamenti personali. Giustamente i servizi pubblici ringraziano il volontariato per la collaborazione. Gli organi della pubblica amministrazione, ai quali è demandato l’impegno nella problematica sociale, hanno dunque un dovere ‘istituzionale’ ad operare, in quanto la legge che li istituisce determina ruoli, compiti e finalità. Il volontariato e le sue associazioni non hanno altro dovere ad agire, se non quello dettato dalla coscienza. La Chiesa invece si distingue, nel suo servizio di carità, sia dalle pubbliche istituzioni, che dai volontari, pur avendo in comune molto con le une e con gli altri. Non vi è una legge che obblighi la Chiesa a farsi carico dei piccoli e dei poveri, ma vi è più che una legge: il mandato del Signore espresso nel Vangelo e trasmesso nel cammino secolare dei cristiani, impegnati a costruire la città dell’uomo. È vero che con il volontariato condividiamo la motivazione interiore che spinge le coscienze ad aggregarsi e ad operare per il bene comune; ma, per i cristiani chi si rifiutasse di aiutare ogni altra persona in difficoltà, sulla parola del Signore farebbe peccato. La carità non è un optional, ma una virtù teologale e, come tale, fondativa della Chiesa. Qual è dunque il ruolo specifico riservato alla Chiesa e, per essa, alla Caritas che ne è l’organo preposto a coordinare il servizio della carità in ogni manifestazione della comunità cristiana, sia diocesana che universale? Mi pare che alla Chiesa competa la profezia. Gesù Cristo ci chiede di essere vigilanti al servizio dell’uomo, che è immagine di Dio: la carità in sé è la manifestazione della presenza di Dio nella storia. Anzi l’Evangelo ci insegna che qualunque gesto a favore dei piccoli e dei poveri è fatto a Gesù stesso. Nella comunione ecclesiale esiste un dovere collettivo di agire in favore della carità: ad esso nessuno può sottrarsi. Insegna S. Giovanni Crisostomo che nessuno può sentirsene dispensato, neppure dalla povertà: per quanto carente di beni materiali non vi è persona al mondo che non sia in grado di accogliere chi è in difficoltà, almeno con un sorriso; di dire a chi è nel dubbio una parola di speranza. Tre storie parallele, tutte e tre radicate nella nostra cultura, sono chiamate dalla vita a intersecarsi tra di loro al servizio dell’uomo: gli organi pubblici, il volontariato e la Chiesa. Ciascuno porta il proprio specifico. Valorizzare le differenze assicura, tra l’altro, una risorsa aggiuntiva. Per questa via si costruisce la pace.

AUTORE: Riccardo Fontana Arcivescovo di Spoleto - Norcia