Il perdono diventa proposta ‘politica’

Don Tonio Dall'Olio: è cresciuto il contributo dei cattolici e dei credenti alla marcia della pace e all'Onu dei popoli

Domenica in 200mila si sono presentato all’appuntamento per percorrere a piedi i 25 chilometri tra Perugia e Assisi. Hanno marciato per dire no alla violenza della guerra e del terrorismo e chiedere di lottare contro la povertà. Solita sfilata dei big della politica che hanno catturato l’attenzione dei media a scapito del variegato ‘popolo della pace’ che si è mosso per iniziativa personale oppure, molto di più, aderendo all’invito delle 550 associazioni, in testa Acli, Agesci, organizzazioni missionarie, i tre sindacati confederali, 438 enti locali presenti con i gonfaloni. È giunto anche il saluto del Capo dello Stato. ‘La pace è un bene indivisibile – ha scritto Ciampi – occorre affrontare con decisione i flagelli che tormentano milioni di esseri umani nel mondo. Le società più avanzate devono utilizzare le grandi risorse di cui dispongono e le nuove tecnologie per promuovere il progresso comune’. La marcia della pace da una decina d’anni non è più un evento che dura un giorno, da quando la Tavola della pace la fa precedere dall’Assemblea dell’Onu dei popoli e dell’Onu dei giovani. I rappresentanti della società civile, e non dei governi, sono invitati a Perugia per parlare delle grandi e piccole scelte che ‘fanno’ la pace, e ciascuno di loro è ospite, prima e dopo la marcia, di un comune o di una associazione che nelle proprie sedi organizza ancora altri incontri. Tra gli animatori di questo ‘nuovo corso’ c’è don Tonio dall’Olio che per otto anni ha fatto parte della Tavola della Pace in quanto segretario di Pax Christi italiana. Don Tonio, Flavio Lotti, il coordinatore della Tavola, ha detto che marciare non porta risultati se le richieste non diventano proposte politiche. Voi cosa chiedete ai politici? ‘Dal 14 al 16 settembre i Capi di Stato delle nazioni rappresentate alle Nazioni Unite si riuniranno per discutere della riforma in senso democratico dell’Onu e su questo abbiamo presentato una nostra risoluzione in cui chiediamo di togliere il diritto di veto, ma soprattutto che funzionino molto di più gli organismi economici e sociali il cui potere è stato esautorato dall’Organizzazione mondiale del commercio, dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale. Inoltre noi vorremmo che all’Onu fossero rappresentati anche i parlamenti e quindi avere, accanto all’Assemblea generale dei governi, un’Assemblea parlamentare in cui sia rappresentata anche la società civile’. Tra i molti argomenti dibattuti c’è un tema emergente in questa Onu dei popoli 2005? ‘Ho notato, e lo dico con grande commozione, una presenza più forte di alcuni temi che riguardano il perdono e la riconciliazione, che sembravano temi legati ad una visione di fede che riguardavano soltanto la parte cristiana che dava un apporto all’assemblea. Mi riferisco a Jo Berry, una ragazza che ha partecipato ai lavori dell’Assemblea. Viene dalla Gran Bretagna, suo padre è rimasto ucciso in un attentato dell’Ira in Irlanda. Questa ragazza ha avuto il coraggio, la forza di andare ad incontrare l’attentatore in carcere, e da questo fatto è nato un movimento di dialogo – riconciliazione britannico – irlandese. Ho sentito in questa assemblea molti che non hanno lo stesso percorso culturale dei credenti dire che o ragioniamo in termini di perdono e riconciliazione per spezzare la spirale della violenza, oppure non ne usciamo fuori’. Una strada che hanno già intrapreso in Sudafrica e in Ruanda con forme ‘istituzionalizzate’ di riconciliazione ”Sì, e credo che il vero livello di maturità, anche del movimento per la pace, sia la capacità di riuscire a trasformare in proposta politica istituzionale, quella che sembra in qualche modo un’utopia dei marciatori. Nessuno si aspetta che la marcia, di per sé, cambi i destini di questo mondo. È soltanto una sottolineatura dell’impegno che quotidianamente ciascuno di noi vive’. Quale è il contributo dei credenti alla marcia e alle assemblee? ‘Vedo che anche nell’edizione di quest’anno l’adesione dei credenti è convinta. C’è una dimensione ecumenica e interreligiosa che ogni anno viene maggiormente rappresentata. Tutti oramai si rendono conto che non ci pùò essere pace senza un discorso anche interreligioso. Alla marcia hanno aderito l’Unione delle comunità islamiche in Italia (Ucoi), l’Unione delle comunità ebraiche in Italia (Ucei), la Federazione evangelica. Alla Rocca di Assisi ci saranno anche i rappresentanti dell’Unione induista in Italia e dell’Unione buddista in Italia. Una partecipazione significativa anche perché lì abbiamo previsto di rileggere gli impegni che le religioni assunsero il 24 gennaio con il Papa, e questo anche grazie al contributo determinante quest’anno della Commissione Giustizia e pace della Conferenza episcopale umbra’. Come va il dialogo con la parte non credente? ‘Devo anche dire che per me rappresenta un piccolo motivo di insuccesso il fatto che la marcia Perugia-Assisi non rappresenti tutto l’arco delle persone impegnate per la pace. C’è una parte del movimento per la pace che alla Perugia-Assisi non viene: quella che si rifà a Casarini, ai disobbedienti, ai forum sociali. Penso che nelle attività successive si paga un po’ lo scotto di questa divisione, per cui forse va ricucito un rapporto sotto questo punto di vista. Partecipano invece l’Arci e i grandi movimenti, le grandi organizzazioni. Quest’anno molta gente arriverà senza essersi organizzata anche grazie alla pubblicità sulla marcia che ha raggiunto una più grande area di persone. Anche da questo punto di vista, qualitativamente la marcia ne guadagna’.

AUTORE: Maria Rita Valli