E’ da anni che si svolge in Umbria una manifestazione per la pace nel mondo: dalla connotazione fortemente ideologizzata dei primi tempi si è passati ad una visione più pluralista e mirata ad una presa di coscienza della gravità e della indifferibilità del problema pace’. Così ha esordito mons. Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale umbra, all’inizio dei lavori dell”Assemblea dell’Onu dei popoli’, che si sta svolgendo a Perugia e culminerà con la marcia Perugia-Assisi. ‘È vero – ha proseguito Chiaretti – che tale manifestazione pacifica non ha mai avuto una significativa incidenza nel corso degli eventi bellici e nella mutazione del parere dei potenti, ma ha certamente operato ai fini d’una presa di coscienza della necessità sempre più urgente d’un contesto di pace per lo sviluppo della società’. Il discorso del Vescovo riconosce, quindi il ruolo educativo della manifestazione e ritiene che esso debba essere svolto da tutti, senza divisioni, in quanto ‘la pace non ha colore di parte, perché ha tutti i colori dell’arcobaleno: è di tutti ed è per tutti’. Ha ricordato la Pacem in terris di Giovanni XXIII con la indicazione del famoso quadrilatero fondativo della pace: libertà, verità, giustizia sociale, solidarietà, per richiamare la necessità del superamento di un ‘pacifismo imbelle’ e proponendo ‘la costruzione della pace giorno dopo giorno, a cominciare dai rapporti sociali e dal coinvolgimento dei potenti’. Ha portato poi l’esempio negativo di ciò che accade in Africa dove ai drammi dalla fame, alle guerre volute dalle multinazionali, alle malattie, al mancato sviluppo, si risponde con i solenni pronunciamenti degli otto grandi, delle Conferenze internazionali, delle iniziative che non approdano a nulla di concreto. Molto potrebbe fare per la pace e l’abbattimento della cause di conflitto – ha proseguito mons. Chiaretti – l’organismo unitario dell’Onu, ma lo vediamo condizionato dal potere degli stati più forti, dalla non sintonia di pareri, dal fitto reticolo di condizionamenti reciproci per invidia o per paura. Occorre tuttavia, secondo l’Arcivescovo, ‘far leva assolutamente su questo organismo, pur se ancora fragile o umiliato dall’invadenza dei più forti: non abbiamo oggi altro strumento per governare la società mondiale e creare condizioni di vita giuste oneste pacifiche per tutti. Camminiamo tra utopia e realismo, lo sappiamo bene, però non vogliamo arrenderci dinanzi alle difficoltà. Anche l’Onu nei suoi intendimenti ha programmi condivisi, che sono evidenziati nel sottotitolo di questa stessa assemblea: i diritti umani, e possiamo aggiungere anche i diritti dei popoli, la giustizia sociale, la libertà, la democrazia, la legalità. È necessario che tutti i popoli convergano con sincerità di intenzioni verso questa piattaforma comune del diritto naturale e internazionale, pur con l’autonomia delle singole culture armonizzate tra loro’. Il discorso si conclude con una dichiarazione di fede in Dio e nell’uomo, che ha lo stile dell’appello, e del ‘sogno’, che la fede comune in Dio, quale principio di tutte le cose e della vita degli uomini e dei popoli possa favorire l’accordo di tutti a lavorare per la pace o almeno l’unità d’intenti di molti, evitando i fanatismi e relegando in un angolo, fuori dalla Storia, coloro che si ritengono e proclamano i ‘giustizieri di Dio’. Non può mancare un riferimento ‘ai nostri santi umbri Benedetto e Francesco’, e alla loro spiritualità che ha generato una ‘nuova società e una nuova civiltà’, coagulando la varietà di popoli ‘e pluribus gentibus una’: la società e la civiltà la moderna’. E si domanda perché non dovrebbe oggi succedere altrettanto in un mondo pluralistico e globale? Le ultime frasi del discorso di Chiaretti sono dedicate al pensiero di Benedetto XVI che ha indicato l’atteggiamento pacifico e costruttivo da tenere nei confronti dei fedeli musulmani e dei religiosi di ogni fede.