Assisi ha ospitato il simposio intercristiano sul tema ‘L’Eucarestia nella tradizione orientale e occidentale con speciale riferimento al dialogo ecumenico’.
È stato trattato da dodici relatori, equamente divisi tra le due Facoltà, affrontando la questione che va al cuore del mistero cristiano e tocca il punto doloroso del dialogo ecumenico tra le Chiese che pur avendo fatto grandi passi avanti non possono ancora celebrare insieme il Sacramento dell’Unità.
Il Simposio si è aperto con il saluto augurale inviato dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo e con il messaggio autografo di Papa Benedetto XVI che entra nel vivo della questione.
‘La ricerca della piena unità visibile tra tutti i discepoli di Cristo – scrive il Papa – viene avvertita come particolarmente urgente nel nostro tempo e si sente per questo il bisogno di una più profonda spiritualità e di un accresciuto amore reciproco’. Il Papa incoraggia ‘il dialogo, e il confronto nella verità e nella carità’ in cui possono emergere ‘la fede comune insieme a quegli aspetti teologici e liturgici peculiari dell’Oriente e dell’Occidente’ che sono ‘una ricchezza per la Chiesa’.
L’impossibilità di una celebrazione comune sarà, aggiunge il Papa, ‘ un appello ad intensificare la preghiera, lo studio e il dialogo al fine di risolvere le divergenze che tuttora permangono’.
Iniziative ecumeniche come quella in corso ad Assisi, scrive il Pontefice, attraverso il comune ‘impegno, ricerca e studio’ contribuiscono a ‘chiarire differenze e superare incomprensioni’, e gli istituti teologici possono ‘svolgere un ruolo fondamentale per la formazione delle nuove generazioni e per offrire una rinnovata testimonianza cristiana nel mondo d’oggi’.
Incontri come quello di Assisi sono come gocce d’acqua che senza apparire anno dopo anno cambiano la pietra su cui cadono.
Nel dialogo ecumenico, in particolare con le Chiese orientali che sono ‘autocefale’, ovvero distinte ed autonome nella loro comunione sinodale, i rapporti di amicizia, studio, conoscenza, sono parte del cammino verso l’unità.
L’esperienza dei frati Cappuccini ce la racconta padre Paolo Martinelli, preside dell’Istituto di spiritualità della Pontificia università Antonianum di Roma, che con la facoltà teologica dell’Università di Tessalonica promuove il simposio.
Come è nato il rapporto tra l’Istituto francescano di spiritualità della Pontificia Università Antonianum di Roma e il Dipartimento di Teologia della facoltà teologica dell’Università Aristotele di Salonicco?
‘Il primo Simposio è stato nel 1992. La cosa è avvenuta essenzialmente su basi di relazioni di stima reciproca e di amicizia, che ha permesso anche una certa fedeltà nel tempoNon ci si è proposti di trovare un punto di accordo ma di conoscersi vicendevolmente per aumentare la stima tra persone che vivono tradizioni diverse nel cristianesimo’.
C’è una vostra presenza in Grecia?
‘È stata soprattutto la presenza della delegazione dei frati Cappuccini veneti nella terra di Grecia che ci ha permesso di costruire nel tempo queste relazioni di stima e di amicizia. E poi ora abbiamo padre Ioannis Spiteris, frate Cappuccino, diventato arcivescovo di Corfù, oltre ad aver insegnato da noi all’Istituto di spiritualità’.
A che punto è il dialogo sull’Eucarestia tra le Chiese cattolica e ortodossa?
‘Il dibattito ha avuto dei momenti molto significativi, ma non siamo ancora nella piena comunione al punto di poter celebrare insieme l’eucaristia. Questo è sicuramente un passo desiderato da tutti, ma che ha ancora bisogno di molta attenzione e di molto approfondimento. C’è il riconoscimento da parte della Chiesa cattolica della successione apostolica piena nella Chiesa ortodossa, quindi noi riconosciamo in quell’eucaristia l’eucaristia istituita da nostro Signore, ma la non ancora totale unione di comunione non ci permette di celebrare insieme’.
L’ostacolo è sulla questione ecclesiologica?
‘Ci sono anche degli aspetti dottrinali che sono interessanti rispetto a ciò che costituisce il sacramento in relazione all’epiclesi piuttosto che al pronunciamento delle parole stesse di Cristo, di cui abbiamo dibattuto in questi giorni. Quello che fa un po’ da backgroung è il problema della comunione, della vita ecclesiale, del vicendevole riconoscimento delle Chiese’.
Nei vostri simposi come celebrate l’eucarestia?
‘Iniziamo e chiudiamo sempre con una liturgia eucaristica. Ovviamente, non potendo ancora celebrare insieme, essendo in Italia, abbiamo celebrato la liturgia cattolica latina a Santa Maria degli Angeli nella Porziuncola, e alla fine del convegno verrà celebrata la divina liturgia. Insieme abbiamo anche alcuni momenti di preghiera, una volta guidato dai cattolici e una volta guidato dagli ortodossi, all’inizio e alla fine della giornata. Sono le preghiere fondamentali dei cristiani, cantiamo il Padre Nostro, l’inno alla Madonna, cioè le preghiere essenziali per tutti’.
Rispetto agli inizi cosa è cambiato?
‘La prima volta che sono stato a questi simposi è stato nel 1999; eravamo andati in Grecia. Devo dire che da lì a oggi ho visto personalmente un grande cambiamento, soprattutto nel clima di vicendevole accoglienza e benevolenza, nella consapevolezza che ci sono ancora dei punti non chiariti, per cui occorre anche rispettarsi in questa non chiarezza. Fa parte della stima reciproca rispettare anche i punti di difficoltà, riconoscere che un punto non è ancora sufficientemente chiarito, non impedisce la stima reale e l’accoglienza vicendevole, come per esempio invitarsi a passare una settimana insieme qui da noi e noi da loro’.