Negli ultimi 10 anni, in tutta Europa, si è assistito ad una crescita di attenzione verso i prodotti dell’agricoltura biologica. Senza scomodare paragoni danteschi basta farci accompagnare dal Virgilio telematico di internet, o basta semplicemente, meglio ancora, parlare con qualche esperto, per aver chiaro che l’agricoltura biologica differisce dagli altri tipi di agricoltura per molti aspetti. Seguendo la Guida sulla normativa comunitaria in materia di agricoltura biologica, facilmente scaricabile dalla rete, possiamo riferirci alla definizione data dal Codex Alimentarius sulla base di contributi di esperti di livello mondiale: l’agricoltura biologica è considerata come un sistema globale di produzione agricola (vegetale e animale) che privilegia le pratiche di gestione piuttosto che il ricorso a fattori di produzione di origine esterna.
In quest’ottica i metodi colturali biologici e meccanici vengono impiegati di preferenza al posto dei prodotti chimici di sintesi. Consultando il sito dell’Associazione mediterranea agricoltura biologica (www.amab.it), si comprende come, in concreto, la fertilità del terreno venga salvaguardata mediante l’utilizzo di concimi organici, la pratica delle rotazioni colturali e lavorazioni attente alla struttura del suolo. Per il controllo delle malattie e degli insetti nocivi si rispettano i meccanismi naturali dell’ambiente e si evita l’impiego di fertilizzanti chimici, ormoni della crescita, antibiotici o manipolazioni genetiche. Giacomo Tosti, ricercatore della Facoltà di Agraria dell’Università di Perugia, ci spiega che alla base dell’agricoltura biologica vi è un principio di autonomia della natura, per cui il coltivatore biologico agisce sulla terra solo con il proprio lavoro e utilizza solo i mezzi agronomici che la natura stessa gli mette a disposizione, senza intervenire con altri strumenti esterni, come, appunto, sarebbero, quelli della chimica, questo ovviamente comporta una drastica diminuzione degli sprechi.
“Ciò che il coltivatore ha a disposizione” spiega Tosti – lo usa cercando di raggiungere la massima efficienza, così non ci sono sprechi e, ovviamente, si produce meno inquinamento. Ma il vantaggio è anche quello dei produttori che evitano consumi inutili nel percorso di produzione’. Il dibattito sui possibili futuri sviluppi dell’agricoltura biologica è aperto. Il sito dell’Unione europea (www.europa.eu.int) è chiaro nel delineare l’importante ascesa della produzione biologica. Dall’entrata in vigore della normativa comunitaria sull’agricoltura biologica nel 1992, più di diecimila aziende in Italia si sono convertite a questo sistema, in risposta ad un aumento della domanda di questo tipo di prodotti che offrono garanzie di qualità e informazioni sui metodi di produzione. Oltre a garantire la produzione di un cibo sicuro, è anche ecologico. Rimane però il problema dei prezzi. I prodotti biologici sono sempre stati più costosi di quelli ottenuti con metodi tradizionali.
Ora però c’è un numero sempre maggiore di consumatori disposti a pagare di più alimenti che offrano maggiori garanzie di qualità e di sicurezza. Il futuro, tuttavia, per adesso, non sembra poter essere quello della grande distribuzione, ciò su cui invece è orientata l’agricoltura biologica è la sua applicazione verso una produzione di qualità, l’agronoma Francesca Smacchi suggerisce che sia proprio questa la strada da seguire: “Le produzioni di qualità come quella dell’olivo qui da noi, in Umbria, hanno avuto un grande successo, bisogna lavorare su questa strada, confidando sempre nella grande onestà da parte dei produttori nell’attenersi alla norme stabilite per l’agricoltura biologica”.