La storia di Giampiero Morettini raccontata dai genitori

Pochi giorni prima della serata in ricordo del seminarista Giampiero Morettini, siamo andati a trovare i suoi genitori, mamma Caterina e papà Mario, nella loro casa in Sant’Angelo di Celle di Deruta. Accompagnati da suor Roberta Vinerba, giunti in paese, abbiamo fatto sosta prima al cimitero. La tomba di Giampiero è meta di un costante “pellegrinaggio” di amici, conoscenti ed anche di persone che non l’hanno conosciuto in vita, ma ne hanno sentito molto parlare ad iniziare dalle comunità parrocchiali dove lui prestava servizio pastorale, formandosi sul “campo” al sacerdozio.
Quello che colpisce della famiglia Morettini, dalle origini modeste, è la dignità e la compostezza nell’affrontare il dolore per la perdita di Giampiero, trasmettendo agli altri tanta fede e speranza perché la morte, soprattutto di un uomo che si stava preparando per donarsi totalmente a Dio, non ha mai il sopravvento sulla vita. E questa è anche una «conversione» e la prima a viverla è mamma Caterina, come emerge dal piacevole colloquio avuto con lei e con il marito.
«Giampiero mi ha aiutata a pregare, perché prima non pregavo – ci racconta Caterina –, trascuravo la mia fede perché veniva prima il lavoro. Passavano anche due, tre anni prima di confessarmi e di fare la comunione. Adesso ho questa “grazia della preghiera” e senza la messa la domenica non posso stare. Con Giampiero ci siamo avvicinati molto alla Chiesa, al Signore, anche se con Lui, in realtà, io dovrei essere arrabbiatissima per avermelo strappato. Nei giorni della sua malattia ho tanto pregato il Signore e con me tante persone in tutt’Italia, ma Dio non ci ascoltava. Mi sono rimessa a alla sua decisione, anche se perdere un figlio è un dolore che solo chi ci passa può capirlo, gli altri possono immaginarlo».

Signora Caterina, quanto Giampiero ha inciso nel suo “ritorno” al Signore?

«Giampiero, anche se stava in Seminario, non mi ha mai “obbligata” ad andare a messa, a fare la comunione, forse perché pensava che piano piano mi sarei avvicinata da sola. Invece c’è voluta la sua morte per capire che se uno “accetta” è solo per la fede che si ottiene qualcosa. Faccio il paragone con altre mamme che come me non hanno più i figli, sono arrabbiate, non vogliono vedere nessuno. Mentre con Mario teniamo sempre le porte aperte a tutti. Invece doveva essere al contrario.

Parlare spesso di Giampiero non vi crea difficoltà? Non acuisce il vostro dolore per la sua perdita?

«Per noi genitori è normale parlare di Giampiero, forse perché dall’inizio del suo ricovero in ospedale abbiamo avuto sempre delle persone vicine, non siamo mai stati soli e questa cosa ci ha aiutato. Anche noi siamo stati sempre disponibili a parlare della vita di Giampiero e della sua malattia, pur con emozione e sofferenza. Ci fa bene parlare di lui, perché così il dolore non ci schiaccia. Tanti genitori, purtroppo, nella nostra situazione si sono trovati isolati. Noi siamo sempre circondati anche da persone che non conoscevamo. Non ci danno niente, però ci danno tutto».

Cosa ricordate degli ultimi giorni di Giampiero?

 (mamma Caterina) «Qualche giorno prima della forte emorragia, una dottoressa mi chiese: “Signora, come le sembra suo figlio?”. Le risposi: “Sembra un pochino meglio”. Non volevo dire davanti a Giampiero che non c’era più niente da fare. Non era una domanda da farsi da parte della dottoressa. Giampiero stava malissimo e lei lo sapeva meglio di me. Dal 17 agosto, per me, Giampiero già non c’era più. Il giorno prima la caposala mi disse che se volevo potevo riprendere i suoi oggetti: c’era il breviario di Giampiero …, perché tanto era finita. Per me, da quella data, era già in Cielo e alle sorelle che erano fuori dalla stanza ho fatto un gesto come a dire: “Non c’è più niente da fare”. Quel giorno è stato come se “lo avessi riconsegnato”, “donato”».

 Avete donato vostro figlio a Dio per la seconda volta …

«La prima volta il Signore l’ha portato via a noi in un modo diverso, chiamandolo al suo fianco nel servire la Chiesa e il suo popolo; la seconda volta l’ha portato via per sempre».

Per voi non è stato facile accettare che Giampiero entrasse in Seminario, lasciando la sua famiglia, il suo lavoro nella vostra azienda …

(mamma Caterina) «In effetti ho sempre espresso sinceramente qualche dubbio quando vedevo che frequentava la Chiesa (la Scuola teologica di Montemorcino, il Corso dei Dieci Comandamenti dai frati di Santa Maria degli Angeli…) e non ho versato lacrime al momento. Ma poi, invece, gliene ho dette di tutte di colori … che era matto, che non capiva nulla. Mentre mio marito e l’altro figlio stavano zitti. La notte, quando Giampiero non c’era, io piangevo, ma non perché io volessi che lui a tutti i costi si facesse una famiglia, ma perché andava a “rinchiudersi” nella vita religiosa. Ho cominciato ad accettarlo al momento dell’attesa che lui entrasse in Seminario e quando sono andata la prima volta a trovarlo ad Assisi, per Natale, rendendomi conto dell’ambiente in cui viveva, studiava… Quando Giampiero è andato in Cielo, non ho pianto tanto quanto alla sua entrata in Seminario. All’inizio è stata dura, ma poi lo vedevo davvero felice, era cambiato, trasformato, tranquillo. Non mi ha mai raccontato se avesse problemi con i compagni in Seminario, ma se chiedevo come andava rispondeva solo: “Bene!”. Mentre quando lavoravamo insieme lo vedevo arrabbiato, teso e si litigava anche tra noi. Dopo la scelta del Seminario vedevo luce nei suoi occhi, serenità. Negli ultimi 4-5 anni era un altro ragazzo, sereno. Ora ci dà serenità a noi, altrimenti sarebbe impossibile andare avanti senza di lui».

Giampiero aiuta dal Cielo non solo la sua famiglia, anche tante persone, soprattutto i giovani…

(papà Mario) «E’ una cosa inaspettata e non credevo che mio figlio fosse così benvoluto da tante persone che oggi affidano anche a lui le preghiere. Se non aiuta noi non importa, ma se aiuta altre persone che ne hanno bisogno sono felice anche se non le conosco. Quello che ha colpito molto la mia famiglia è stata la veglia del funerale di Giampiero, una vera sorpresa nel vedere tutta quella folla. Va bene a Castel del Piano, dove era conosciuto in parrocchia, ma tutta quella marea di gente non me la sarei mai aspettata. C’erano uomini e donne, giovani e adulti, che neppure avevano conosciuto Giampiero, ne avevano solo sentito parlare. In un’occasione particolare per la parrocchia, due persone dissero a don Francesco Buono che avevano sognato Giampiero. Una delle due l’aveva conosciuto, ma l’altra no, veniva dalla Calabria, eppure aveva dato una descrizione precisa, con i capelli lunghi, come li portava prima Giampiero … e per due-tre notti, sempre alle 3, si era svegliata dopo aver sognato nostro figlio».

Suor Roberta davanti alla tomba di Giampiero ci ha raccontato del suo intenso legame con l’Eucaristia e della sua incessante preghiera del Rosario… (risponde mamma Caterina)

(mamma Caterina) «All’inizio, Giampiero, non sapeva neppure cosa fosse l’Adorazione eucaristica. Una mattina, a una signora che più volte arrivava presto nel nostro negozio di ortofrutta, chiese se stava andando al lavoro oppure tornava. Lei disse che era stata all’Adorazione eucaristica in chiesa e lui non disse più nulla, perché non capiva le ragioni della donna che così presto usciva da casa. E a pensare che dopo è diventato anche ministro straordinario dell’Eucarestia. Ad un amico disse: “Divento ministro!” e l’amico: “Ma come, prima ti dai al Rosario e poi alla politica?”. Aveva un modo particolare di dare l’Eucarestia innalzandola verso il cielo, che è rimasto impresso a tante persone e ancora oggi me lo dicono. Anche la preghiera del Rosario la viveva con particolare raccoglimento. Mi accorsi che qualcosa stava cambiando in Giampiero proprio dalla corona del Rosario, che un giorno la lasciò sul letto e non volevo crederci, non volevo accettarlo …

Cosa avrebbero provato i genitori se Giampiero fosse diventato sacerdote? 

(mamma Caterina) «Il prossimo anno Giampiero avrebbe compiuto 40 anni e sarebbe diventato sacerdote. Una vocazione adulta … Mi diceva: “Mamma preparati, perché anche tu dovrai essere vestita come ad un matrimonio, perché il sacerdozio ‘è’ un matrimonio”. Molte volte lo penso come se lui sia diventato davvero sacerdote… nel Regno dei Cieli».

 

___ Le foto della serata di presentazione del libro “Con lui Dio non si era sbagliato” ____

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AUTORE: Riccardo Liguori (ha collaborato Annamaria Angelelli)