‘Lorsignori toppano perché ignorano la differenza fra laicismo in negativo e laicità in positivo’: su questa apodittica affermazione presuntuosetta si spegneva la fioca luce dell’ultima abat jour. ‘Lorsignori’: i padroni del vapore, i padrini dell’opinione pubblica. ‘Siamo laici’: lo dicono non solo senza rammarico (non sanno quello che si perdono), ma con la solennità (‘la pompa’, si diceva una volta) con la quale il Cardinale protodiacono annuncia dalla loggia dell’Aula delle benedizioni ‘Habemus Papam’. ‘Laici’, cioè? Fra laicismo in negativo e laicità in positivo c’è un abisso. Laicismo in negativo, il rifiuto preconcetto e intransigente dell’ipotesi stessa che esistano delle ragioni che la ragione non conosce. Laicismo in negativo, la tetragona negazione della possibilità stessa che il cammino della ragione possa concludersi con un’invocazione ad un Qualcosa o ad un Qualcuno, che s’inoltri per energia propria là dove la ragione annaspa e muore per cronica dispnea. E che da quella zona vietata alla ragione possano arrivare agli uomini messaggi che meritano di essere presi nella massima considerazione, per l’altezza del loro contenuto, perché rilanciano un concetto di uomo ulteriore rispetto a quello che ha corso legale sulle piazze della ragione pura, un concetto più ricco, più fecondo, più generoso, più gratificante; sullo sfondo inaudito di un orizzonte splendido. La laicità in positivo è tutt’altra cosa. Sul piano sostanziale la laicità in positivo è il cordiale riconoscimento del fatto che le cosiddette ‘realtà temporali’ (filosofia, politica, scienza, economia, ecc.) obbediscono a leggi proprie, secondo quanto, proprio qui in Italia, hanno maturato i vari Machiavelli, Galileo, e gli epigoni della ‘civiltà delle autonomie’. Sul piano strumentale la laicità in positivo, come presupposto dell’autentico dialogo, consiste nel mettere momentaneamente da parte, a vantaggio di una comune ricerca della verità e del bene, le proprie convinzioni, rinunciando pregiudizialmente ad ogni possibile primogenitura, ma esigendo che anche l’interlocutore faccia altrettanto; e che ci si prenda sul serio, l’uno con l’altro, fino in fondo. Io ti prendo sul serio quando tu mi dici che la cultura delle autonomie è l’assoluto, ma tu mi prendi sul serio quando ti dico che la filosofia, la politica, la scienza, l’economia ecc. debbono trovare una sintesi superiore, sulla base di un’istanza superiore, che secondo me è quella che il mio Signore ha (imprudentemente?) lasciato nelle mani di noi suoi claudicanti seguaci: vedi un po’ se quell’istanza può avere valore
C’è un abisso
AUTORE:
Angelo M. Fanucci