Cpt: non sono la soluzione

Bari. Rappresentanti di 14 regioni hanno sottoscritto un documento per il superamento dei Centri di permanenza temporanea: c'era anche il sindaco di Bettona

La settimana scorsa a Bari i rappresentanti di 14 regioni, tra cui la regione dell’Umbria rappresentata dall’assessore alle Politiche sociali Damiano Stufara, hanno sottoscritto un documento comune per chiedere ‘il superamento dei Centri di permanenza temporanea (Cpt)’ e ‘l’istituzione di un tavolo di confronto’ al governo ‘per definire risposte alternative che tutelino i diritti e promuovano la sicurezza sociale’. Al forum nazionale promosso dalla regione Puglia ‘Mare aperto, idee per aprire le frontiere e chiudere i Cpt’, ha partecipato anche una delegazione del Comune di Bettona, guidata dal sindaco, Stefano Frascarelli, che ha voluto ribadire l’assoluta indisponibilità della comunità bettonese alla realizzazione di un Cpt in quel territorio. Il Ministero dell’Interno, infatti, ne aveva previsto uno da 300 posti nella provincia di Perugia e la precedente amministrazione bettonese aveva dato disponibilità al progetto, subito ritirata, però, dal nuovo sindaco, sostenuto, nella sua posizione, dalla regione. ‘Siamo convinti – ha detto Stufara – che sia ormai indifferibile una profonda riconsiderazione delle normative e delle relative politiche che riguardano i migranti. Occorre superare la logica e la cultura che è al fondo della legge ‘Bossi-Fini’, riscrivere le norme, per costruire delle azioni reali di integrazione ed accoglienza nei confronti di quanti, sfuggendo alla miseria ed alle guerre, intendano costruire un futuro nel nostro Paese, per sé e per le proprie famiglie, lavorando ed integrandosi nella società. Come pure è necessario definire una normativa nazionale sul diritto d’asilo e riconoscere il diritto di voto agli immigrati, per consentire una sempre maggiore integrazione’. Dure critiche alla gestione dei Cpt le ha espresse Stella Cerasa in una riflessione pubblicata sul numero di luglio di ‘Notizie Caritas’, il supplemento a La Voce realizzato dalla Caritas di Perugia – Città della Pieve. ‘Chi sta ai margini di questo problema ‘ sostiene la responsabile del Centro di ascolto diocesano ‘ è convinto che con l’espulsione si risolve tutto. Ma nessuno ha il coraggio di dire che ‘fare l’espulsione’ è una cosa difficile, a volte impossibile. Lo Stato italiano, con la legge Turco-Napolitano, si dava 30 giorni per identificare una persona per poi procedere alla sua espulsione. La Legge ‘Bossi-Fini’ ha raddoppiato tale termine e solo gli ‘addetti ai lavori’ conoscono il ‘finale’ di questa storia: dopo 60 giorni, se l’ambasciata del Paese di provenienza dell’immigrato non ha provveduto alla sua identificazione si viene rilasciati…’. ‘Una soluzione alla clandestinità non può essere l’espulsione’, commenta Stella Cerasa che indica come necessaria ‘una legge seria sull’asilo politico’ e nuove regole ‘per l’accesso in Italia, ad esempio aumentando le ‘quote’ dei lavoratori stranieri’ ovvero il numero delle persone che possono lavorare nel nostro Paese con le ‘carte’ in regola. I cosidetti ‘clandestini’, infatti, molto spesso sono immigrati che svolgono, o che sono disponibili a svolgere, lavori che gli italiani rifiutano’. ‘Lo scorso anno ‘ ricorda Stella ‘ protestammo e gridammo allo scandalo per ciò che accadde per le quote d’ingresso fissate a gennaio: furono necessari quattro giorni e quattro notti di fila all’aperto a meno tre gradi, davanti all’Ufficio provinciale del lavoro di Perugia per presentare la domanda. Quest’anno la fila non c’è stata e tutto è avvenuto per posta: una speranza che è durata 10 minuti, perché per il numero elevato di domande, sono state accolte solo quelle presentate agli uffici postali di tutta la provincia di Perugia dalle ore 8 alle ore 8.10’. ‘Con questo sistema ‘ sottolinea la responsabile Caritas ‘, si chiudono le porte all’immigrazione regolare e si spalancano quelle dell’immigrazione clandestina. Allora la ferocia dei Centri di permanenza temporanea è l’unica soluzione, ma è una ferocia a tempo perché tutto finisce dopo 60 giorni ed è addirittura una ferocia inutile’.

AUTORE: Maria Rita Valli