Nella storia della salvezza Dio compie le sue più grandi opere di notte. E’ notte quando inizia la creazione: Dio creò il cielo e la terra, la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso. (Gn 1, 2). E’ notte quando Dio libera il suo popolo dalla schiavitù del Faraone: durante la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. (Es 14,21). E’ notte quando Dio assume la nostra natura umana e nasce a Betlemme, mentre alcuni pastori vegliano di notte (cfr Lc 6, 8). E’ notte quando Cristo, spezzando i vincoli della morte risorge vincitore dal sepolcro (Exultet). Cosa vuole dire ciò? In primo luogo che Dio va a cercare l’uomo lì dove si trova: nella notte, nell’oscurità, per liberarlo dalle tenebre e condurlo a una vita nuova, di luce. In secondo luogo che fare Pasqua è uscire vittoriosi dalle tenebre insieme a Cristo, innestati attraverso il Battesimo nella sua morte e risurrezione, lasciando dietro di sé il Mar Rosso che si chiude per sempre alle spalle, simbolo della vita passata alla quale non si può più fare ritorno, per iniziare un nuovo cammino verso la terra promessa. Dio ha fatto fare Pasqua al suo popolo, liberandolo dalla schiavitù, ha fatto fare Pasqua al proprio Figlio, facendolo uscire dal sepolcro.
E noi? Noi non siamo della notte, né delle tenebre (1Tes 5,5). Per noi fare Pasqua significa accettare di uscire fuori dai nostri sepolcri, accettare che tutto cambi, accettare di essere liberati dalle nostre angosce, paure, risentimenti, egoismi, peccati per essere inseriti nella vita nuova che Cristo ci offre. Se si fa Pasqua, nulla resta come prima. Tutto cambia. Secondo l’usanza ebraica, alla vigilia della festa, si perlustrava tutta la casa per far scomparire ogni traccia di pane fermentato. Per questo S. Paolo dice: togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! (1 Cor 5, 7). Il cristiano che fa Pasqua ispeziona la stanza del proprio cuore per eliminare tutto ciò che fa parte della vita vecchia di peccato e della corruzione; egli butta via il lievito vecchio, rancido, incapace di far fermentare e impasta in maniera nuova la propria vita. Perché fare Pasqua è far scomparire le vecchie abitudini, i vecchi rancori, i vecchi vizi. Non si fa Pasqua senza una decisa rottura con il passato, una rottura che trova la sua espressione più evidente nella confessione, attraverso cui si decide di morire al peccato e risuscitare alla vita. Fare Pasqua è ricercare le cose del cielo: Se siete risorti con Cristo… pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra (Col 3, 1), infatti tutto passa, solo Dio resta, a chi ha Dio, Dio basta! (S. Teresa d’Avila). Per entrare in questo evento di salvezza e fare splendere come il giorno la notte dei nostri errori, dei nostri peccati e della nostra morte, dobbiamo riconoscere la signoria di Gesù e credere in Lui: se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo amore che Dio lo ha resuscitato dai morti, sarai salvo (Rom 10, 9). La porta che ci fa uscire dalle tenebre della morte e ci fa entrare nella luce della Pasqua è la fede. Credi nella risurrezione di Gesù, e sarai salvo!
La fede ci salva perché mediante il sacramento del battesimo fa accadere in noi ciò che Gesù ha vissuto nella notte di Pasqua. Dice S Paolo: Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu resuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. (Rm 6, 4). E, Agostino afferma: La fede dei cristiani è la risurrezione di Cristo. Non è gran cosa credere che Gesù è morto; questo lo credono anche i pagani, tutti lo credono. Ma la cosa veramente grande è credere che egli è risorto. Se ciò accade ecco allora la gioia! Fare Pasqua è passare dalla morte all’incontenibile gioia del Vangelo, come le donne al sepolcro, come gli apostoli. Lasciamo che questa esperienza si imprima anche nei nostri cuori e traspaia nella nostra vita. Lasciamo che lo stupore gioioso della Domenica di Pasqua si irradi nei pensieri, negli sguardi, negli atteggiamenti, nei gesti e nelle parole” (Papa Francesco, Pasqua 2014).