Stavo parlando con te, amabile lettore, della duplice appartenenza alla Chiesa: una diretta, esplicita, formalizzata, visibile, registrata e numerata in un archivio parrocchiale (Pio X: “La Chiesa è la società dei veri cristiani, cioè…”); una indiretta, informale, registrata solo Lassù (sezione Angeli Potestà, ufficio Matricole), ma vera, se passa attraverso il Regno (perché al Regno la linfa vitale gliela comunica solo la Chiesa). La prima appartenenza porta alla militanza, la seconda porta solo – e vi paresse poco! – ad essere persone perbene: per-bene. per-Bene, dedicate sempre e comunque al Bene così come la vita lo scodella e la coscienza lo filtra.
Stavo parlando con te, amabile lettore, quando la tv m’ha chiesto se volevo conoscere la storia di Roberto Mancini. “Ma io la so, quella storia!”, sia quella del Roberto Mancini marchigiano di Civitanova, ordinario di Filosofia teoretica all’Università di Macerata, che mi onora della sua amicizia, sia del Roberto Mancini marchigiano di Iesi, campione d’Italia con la “Samp” di Vialli, allenatore miliardario che oggi arranca con l’Inter. “So tutto”. No, non sapevo niente del vero Roberto Mancini. Quello dello sceneggiato Io non mi arrendo, in tv il 15 e 16 febbraio, a titolo di fiction; ma fiction viene da fingere e vuol dire “storia inventata”, mentre non c’era nulla di inventato in quel racconto tv sulla vita di Roberto Mancini, poliziotto comunista, morto per un amore fortissimo e concreto per la sua gente, la gente della “Terra dei fuochi”, da decenni in pericolo di morte per i veleni provenienti dal Nord sversati a pochi passi da casa sua.
Nei primi anni ’90, da agente della Criminalpol, aveva trasmesso alla procura di Napoli una dettagliata informativa su come camorristi, imprenditori, banchieri, professionisti della finanza stessero avvelenando quelle terre. Conclusione? Molti arresti, molti processi, nessuna condanna. Ma Roberto continua a cercare, a raccogliere informazioni, a scavare, anche con le mani. appena dieci centimetri sotto la superficie i terreni avvelenati. E contrae il linfoma non Hodgkin, lo stesso cancro che in zona ha ucciso tanti bambini. Terribile, incurabile. Lui perde tutti i capelli, a volte sviene per strada, ma continua finché a distanza di anni tornano alla luce le carte insabbiate (lui diceva sempre: “Gesù Cristo ha sbagliato su due cose: le mosche e i funzionari. Due cose inutili”). “Gesù Cristo”: voleva dire “Dio”. “Roberto, finalmente si apre il processo!”. Silenzio. “Ma io non ci sarò”. 30 aprile 2014.