La festa di san Costanzo, vescovo e martire, patrono della città e dell’Archidiocesi, ha richiamato numerosi fedeli in un pellegrinaggio continuo alla chiesa del Santo e nella cattedrale di San Lorenzo, dove nel pomeriggio di venerdì 29 si è tenuta la concelebrazione eucaristica della solennità di san Costanzo presieduta dal cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti. Con lui hanno concelebrato i vescovi della Metropolia, mons. Mario Ceccobelli di Gubbio e mons. Gualtiero Sigismondi di Foligno, l’arcivescovo emerito mons. Giuseppe Chiaretti, l’abate benedettino Giustino Farnedi e numerosi sacerdoti e religiosi. Con il popolo di Dio presenti i rappresentanti delle principali Istituzioni civili e del mondo della cultura del capoluogo umbro.
Al termine della celebrazione è stato intonato per la prima volta l’Inno a San Costanzo “Salve, decus Perusiae”, tratto dal testo in latino scritto dal cardinale Giacchino Pecci, vescovo di Perugia dal 1846 al 1878, poi papa Leone XIII, ed adattato per coro e organo o pianoforte dal maestro Salvatore Silivestro, direttore del Coro dell’Università degli Studi di Perugia, lo stesso Coro che ha eseguito l’inno in cattedrale in occasione della solennità del santo patrono.
Il cardinale Bassetti, nell’omelia, ha richiamato l’importanza dei giovani e delle famiglie nella società odierna, affidandoli alla protezione di san Costanzo, esempio di umanità e santità per tutti. Di seguito il testo integrale dell’omelia del cardinale Bassetti
L’omelia del cardinale Bassetti
È bello, e per me consolante, vedere assieme ai nostri vescovi, figli di questa Chiesa, ai sacerdoti e ai consacrati, il santo popolo di Dio, unito ai rappresentanti delle sue istituzioni, a cui, con profondo rispetto, porgo il mio saluto.
Tutti ci sentiamo chiamati ad un’unica responsabilità, quella di costruire la pace e la concordia fra i cittadini. San Costanzo è stato l’evangelizzatore della nostra terra ed ha saputo difendere, nei primissimi secoli del cristianesimo, il suo gregge dai lupi rapaci di una società ancora pagana, che si stava autodistruggendo, per aver negato la dignità dell’uomo e il riferimento alla sua trascendenza.
Ma cosa propone a noi, stasera, il nostro celeste patrono Costanzo? Ci chiede certo di far memoria del nostro passato di comunità di credenti, ma, soprattutto, di gettare uno sguardo attento sulla realtà di oggi e di saper prefigurare il futuro di questa nostra Chiesa, nella trasmissione di quella fede schietta e genuina, per la quale Costanzo ha dato la vita.
Come non rivolgere, allora, il nostro pensiero alle giovani generazioni che, con i loro problemi, le loro ansie e la loro voglia di vivere, saranno la Chiesa di domani, i cristiani di questo secolo entusiasmante e tormentato? Negli incontri con tantissimi giovani durante la visita pastorale, soprattutto nelle scuole, li ho invitati, questi giovani, a sognare e ad avere coraggio. Ho detto loro: custodite i vostri sogni, ricordando un detto famoso di La Pira: “I sogni ce li mettono i giovani: la politica ci mette il coraggio!”.
I giovani sognano il lavoro, che purtroppo per molti di loro è un miraggio lontano; sognano spazi non inquinati e non soltanto in senso ambientale; sognano soprattutto di potersi rendere partecipi del loro percorso di vita. In una società a misura d’uomo, adulti e giovani dovrebbero essere vasi comunicanti. Purtroppo non è così. I nostri ragazzi chiedono a noi adulti, istituzioni e Chiesa compresa, un dialogo più diretto e partecipato ed una riflessione seria sul loro avvenire. Di questo, tutti dobbiamo maggiormente preoccuparci. Mi scriveva, qualche tempo, un diciottenne di un istituto tecnico della zona del Lago: “voi adulti considerate i nostri problemi soltanto in termini di disagio e vi riferite spesso a visioni preconcette del mondo giovanile; ma esso di fatto è molto più ricco di potenzialità e di speranze di quanto voi pensiate… Noi siamo una risorsa”! Ne sono profondamente convinto: i nostri giovani rappresentano una grande risorsa e un potenziale di speranza, per la società e la Chiesa di domani.
Queste poche righe mi hanno fatto profondamente riflettere. Proprio San Costanzo, vescovo e martire, ci viene incontro con la sua luminosa testimonianza. L’intrepido pastore ha saputo portare il lieto annunzio della salvezza ai poveri, ha fasciato le pieghe dei cuori spezzati; ha infranto le catene dei prigionieri e ha avuto parole di incoraggiamento e di consolazione evangelica per i piccoli, i tribolati, gli “scarti” della società, come direbbe Papa Francesco. Le parole di Gesù, che abbiamo appena ascoltato dal Vangelo di Giovanni, si sono di fatto incarnate nella sua vita: “Io vi ho scelto e costituiti perché andiate portiate frutto e il vostro frutto rimanga”.
E cosa dice il santo patrono ai giovani? “Non abbiate paura di dichiarare, nei venti incrociati della cultura dell’indifferenza, le vostre convinzioni. Fateci dono del vostro entusiasmo e della vostra gioia di essere cristiani. Com’è bello avere Gesù amico che vi sa dare le cose essenziali della vita”.
E cosa dice ai genitori: “Non abbiate paura della vostra vocazione e missione, in un tempo di sfide scoraggianti, la famiglia rimane il luogo della presenza del Signore e la vita dei figli è un dono che Dio vi affida e accompagna sempre”. Sempre, anche nelle sfide delle fatiche educative, perché la famiglia è il fondamento e il centro del tessuto sociale, il punto di riferimento, il luogo dove ricevere e dare calore. Una realtà insostituibile!
Fratelli carissimi, in nome di san Costanzo, di cui seppure in maniera indegna sono umile successore, auguro alla nostra Chiesa perusino-pievese, che il giubileo della misericordia, che abbiamo appena iniziato, sia un tempo di salutare conversione che da una parte tocchi la coscienza e la buona volontà di tutti; e dall’altra spinga l’intera comunità ad una solidarietà sempre più condivisa, rendendola capace di farsi carico dei problemi di chi è alle prese con la fatica del vivere quotidiano.
Mai sperimenterà la misericordia di Dio chi non accetta di essere misericordioso con il suo prossimo. Accogliamo perciò con decisione l’invito pressante che ci viene da Papa Francesco: “Per il vostro bene, vi chiedo di cambiare vita: ve lo chiedo nel nome di Dio!”. Solo dal profondo rinnovamento personale, potremo sperare un rinnovamento della Chiesa e della società!
Chiediamo a San Costanzo il dono di una sapienza profetica, perché tutti: vescovi, sacerdoti, genitori, scuola, istituzioni, sappiamo accogliere con amore e intelligente creatività, ciascuno nel proprio ambito, quelli che sono i frutti più preziosi della nostra società: i ragazzi e i giovani, “pietre vive” della Chiesa di domani.
Impegniamoci tutti affinché questa Chiesa sappia ancora dare testimonianza al mondo della bellezza della vita cristiana e del messaggio di amore e di pace portato dal Signore Gesù. Una Chiesa aperta al mondo, non rinchiusa in se stessa, rinnovata dal soffio dello Spirito e capace di esser ancora madre e compagna di viaggio dell’umanità intera.
Gesù è il Signore del tempo, in lui tutto vive e trova senso e compimento, è a lui, per intercessione del Santo Patrono, che chiediamo di saper essere autentici testimoni perché le giovani generazioni sappiano trasmettere ancora, nella gioia della carità, la luce della fede. Amen!