Com’è l’Africa, Santità? “È bella”, ha risposto Papa Francesco all’udienza generale di mercoledì. E “rendo grazie al Signore per questo suo grande dono, che mi ha permesso di visitare tre Paesi: dapprima il Kenya, poi l’Uganda e infine la Repubblica Centrafricana. Esprimo nuovamente la mia riconoscenza alle autorità civili e ai vescovi di queste nazioni per avermi accolto, e ringrazio tutti coloro che in tanti modi hanno collaborato. Grazie di cuore!”.
Un ringraziamento che non era certo una mera formalità. Nella tappa conclusiva, Bangui, l’incolumità del Pontefice era tutelata da un dispiegamento militare mai visto prima, inclusi i carri armati e i cecchini dell’esercito appostati in cima ai minareti come muezzin.
Ma – ha precisato Bergoglio – proprio la visita in Centrafrica, “nel cuore” del Continente, “era in realtà la prima nella mia intenzione, perché quel Paese sta cercando di uscire da un periodo molto difficile, di conflitti violenti e tanta sofferenza nella popolazione. Per questo ho voluto aprire proprio là, a Bangui, con una settimana di anticipo, la prima porta santa del Giubileo della Misericordia”.
Riassumendo le precedenti tappe del viaggio: “Il Kenya – ha detto – è un Paese che rappresenta bene la sfida globale della nostra epoca: tutelare il creato riformando il modello di sviluppo perché sia equo, inclusivo e sostenibile. Tutto questo trova riscontro a Nairobi, la più grande città dell’Africa orientale, dove convivono ricchezza e miseria. Ma questo è uno scandalo! Non solo in Africa: anche qui, dappertutto”.
Poi, in Uganda, “la mia visita è avvenuta nel segno dei martiri di quel Paese, a 50 anni dalla loro storica canonizzazione da parte del beato Paolo VI. Per questo il motto era ‘Sarete miei testimoni’ (At 1,8). Un motto che presuppone le parole immediatamente precedenti: ‘Avrete forza dallo Spirito santo’, perché è lo Spirito che anima il cuore e le mani dei discepoli missionari. Tutta la visita in Uganda si è svolta nel fervore della testimonianza animata dallo Spirito santo”. In particolare, “testimonianza in senso esplicito è il servizio dei catechisti, che ho ringraziato e incoraggiato per il loro impegno, che spesso coinvolge anche le loro famiglie”.
Per la verità, in Italia l’interesse si è concentrato soprattutto sulle dichiarazioni del Papa a proposito della corruzione in Vaticano e relativi ‘corvi’. Ci pare però più rispettoso dedicare spazio a ciò che Francesco ha detto e fatto in relazione ai problemi dell’Africa. Che poi sono quelli di gran parte del mondo. “La mia visita pastorale nella Repubblica Centrafricana – ha detto il 30 novembre nella moschea di Koudoukou – non sarebbe completa se non comprendesse anche questo incontro con la comunità musulmana.
Tra cristiani e musulmani siamo fratelli. Dobbiamo dunque considerarci come tali, comportarci come tali. Sappiamo bene che gli ultimi avvenimenti e le violenze che hanno scosso il vostro Paese non erano fondati su motivi propriamente religiosi. Chi dice di credere in Dio dev’essere anche uomo o donna di pace. Cristiani, musulmani e membri delle religioni tradizionali hanno vissuto pacificamente insieme per molti anni. Dobbiamo dunque rimanere uniti perché cessi ogni azione che, da una parte e dall’altra, sfigura il volto di Dio e ha, in fondo, lo scopo di difendere con ogni mezzo interessi particolari, a scapito del bene comune. Insieme, diciamo ‘no’ all’odio, no alla vendetta, no alla violenza, in particolare a quella che è perpetrata in nome di una religione o di Dio. Dio è pace, Dio salam”.
E ancora: “In questi tempi drammatici, i responsabili religiosi cristiani e musulmani (…) hanno giocato un ruolo importante per ristabilire l’armonia e la fraternità tra tutti. Vorrei assicurare loro la mia gratitudine e la mia stima. Possiamo anche ricordare i tanti gesti di solidarietà che cristiani e musulmani hanno avuto nei riguardi di loro compatrioti di un’altra confessione religiosa, accogliendoli e difendendoli nel corso di questa ultima crisi, nel vostro Paese, ma anche in altre parti del mondo”.
Come messaggio conclusivo, vale per tutti la sua esortazione rivolta al Kenya: “Ho incoraggiato a fare tesoro della ricchezza naturale e spirituale costituita dalle risorse della terra, dalle nuove generazioni e dai valori che formano la saggezza del popolo”.
25-30/11/2015
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