La ripresa economica è alle porte, ma non per le famiglie che hanno perso il lavoro. È notizia dello scorso fine settimana che a guidare la classifica della crescita del Pil della zona euro nel 2016 (secondo le previsioni di “Prometeia”) saranno i Paesi del Mediterraneo (eccetto la Grecia), mentre quelli del Nord Europa (inclusa la Germania) subiranno una frenata, al punto che gli esperti parlano di una “rivincita economica dell’Europa mediterranea”. Ritorna l’ottimismo e si auspica più benessere e ricchezza. Quest’ultima, se solidale, ridistribuita, non è peccato e può contribuire a non generare crisi. È l’accumulo delle ricchezze tra pochi che diventa peccato e provoca gravi conflitti sociali.
Questo avviene non solo nei sistemi “macro economici” ma anche in quelli “micro”. Basti pensare agli imprenditori che producono reddito senza investirlo neppure in parte nel miglioramento dell’azienda, ad esempio mettendola in sicurezza o rendendo stabile il lavoro dei precari. Per non parlare del lavoro nero, a vantaggio sempre dell’accumulo di denaro del datore, che non permette al lavoratore, ad esempio, di contrarre un mutuo. Questo incide negativamente sui consumi. Manca la mentalità della condivisione-solidarietà, in particolare nei momenti di crisi, quando chi possiede qualcosa la tiene tutta per sé per timore di perderla.
A prevalere è la mentalità individualista ed egoista e per questo la crisi avrà lunghi strascichi per i più deboli. Riflettendo su quanto scritto di recente da padre Giulio Albanese nella rubrica “Gli esclusi” sul Messaggero di sant’Antonio, come non essere “per un’‘economia di salvezza’”?
Nel soffermarsi su alcuni testi sul controverso rapporto tra “ricchezza e povertà” di san Basilio Magno, padre Albanese parla “di considerazioni che ci possono aiutare a comprendere la centralità di questo tema nel contesto generale della cosiddetta ‘economia di salvezza’. Inoltre, dimostrano come Papa Bergoglio sia in perfetta sintonia con l’insegnamento dei Padri della Chiesa”. San Basilio diceva, ricorda padre Albanese: “Chi accumula ricchezza in forma egoistica e non solidale è un ‘ladro’ e ‘manca di carità’, cioè dell’amore misericordioso di Dio. Una denuncia coraggiosa, che Papa Francesco rilancia quando afferma che “il nostro sistema si mantiene con la cultura dello scarto, così crescono disparità e povertà, dice quella verità che molti non vogliono sentirsi dire”.
La nostra Umbria, dove è atteso il nuovo Piano sociale regionale, è una terra solidale in cui si rivela fondamentale il contributo della Chiesa e del privato-sociale al Welfare State. In sei anni (2009-2015) comunità parrocchiali e religiose, Fondazioni bancarie, realtà imprenditoriali e istituzioni hanno alimentato il Fondo di solidarietà delle Chiese umbre per le famiglie in difficoltà a causa della perdita del lavoro con 3 milioni e 533.682 mila euro, distribuiti a 2.653 nuclei familiari (dati al 26/10/2015).
Una somma, purtroppo, irrilevante se si pensa a quanto ha scritto Enzo Ferrini nel n. 39 de La Voce in merito al fenomeno del gioco d’azzardo, per il quale nella nostra regione si spendono quasi 3 milioni di euro al giorno. Nel 2014, secondo il Rapporto dell’Agenzia dei monopòli, gli umbri hanno speso 1 miliardo e 36 milioni di euro, per l’esattezza 2 milioni e 838 mila euro in media al giorno, in slot machine, Gratta e vinci, Bingo, scommesse sportive, Lotto, Superenalotto e lotterie varie.
Occorre una maggiore mentalità solidaristica, anziché bruciare denaro al gioco. Spesso si fa per disperazione, impoverendosi ancor più, e contribuendo a non far entrare risorse “nel circuito virtuoso dell’economia del territorio”.
Ne è convinta la direttrice della Caritas diocesana di Perugia, Daniela Monni, imprenditrice, nel sostenere che “nel 2015 tende ad arrestarsi l’emorragia della perdita di lavoro, ma ancora sono troppi i padri di famiglia senza lavoro. Una sfida grande ci attende: farci carico dei poveri vicini e lontani”, anche con la ricchezza che non va accumulata. Ad insegnarlo è anche la dottrina sociale della Chiesa.