A piedi nudi per i diritti umani

È approdata anche a Perugia la manifestazione “Marcia delle donne e degli uomini scalzi”

marcia-uomini-donne-scalzi-foto-belfiore“Noi stiamo dalla parte delle donne e degli uomini scalzi, di chi ha bisogno di mettere il proprio corpo in pericolo per potere sperare di vivere o di sopravvivere”: è uno dei passi del manifesto-appello al quale anche Perugia venerdì scorso hanno risposto alcune centinaia di persone sfilando a piedi nudi per corso Vannucci.

Una “Marcia delle donne e degli uomini scalzi” svoltasi in un’ottantina di città italiane per esprimere solidarietà e chiedere assistenza e sostegno concreto “per tutte le donne, gli uomini e i bambini che, per salvare la propria vita, sono costretti ad affrontare sfide terribili, umiliazioni e sofferenze, se non addirittura la morte”.

A Perugia era stata promossa da una ventina di associazioni tra le quali Giovani musulmani d’Italia, Tavola della pace, rivista San Francesco patrono d’Italia e Libera Umbria. Vi hanno partecipato persone di tutte le età (c’erano anche alcuni bambini scalzi) con tanti immigrati: donne e bambine di Paesi musulmani con l’hijab, il fazzoletto che copre capelli e collo, e un gruppo di giovani africani ospitati nei centri di accoglienza dell’Umbria. A rappresentare il Comune di Perugia, con la fascia tricolore, c’era l’assessore Dramane Diego Wagué. La presidente della Regione Catiuscia Marini e il presidente del Consiglio regionale Donatella Porzi hanno inviato messaggi di adesione.

Ad aprire il corteo la scritta “diritti umani” con lettere in polisterolo portate da manifestanti, una grande bandiera della pace e poi quelle delle tante associazioni promotrici della marcia. E ancora, cartelli con scritto “Restiamo uniti”, “Condividi”, “Accogli”, “Vinci l’indifferenza”, “Rifiuta l’egoismo” e altri slogan per esprimere lo spirito e le motivazioni della partecipazione.

Ideali espressi anche da alcuni interventi di immigrati, come quello di Zined, una giovane marocchina da 15 anni in Italia: “Grazie – ha detto – per essere qui a esprimere il nostro sostegno a chi sfida la morte in cerca di speranze, per il rispetto dei diritti umani e della dignità di essere umani. Sono persone come noi, e noi ci siamo levati le scarpe per spogliarci di una quotidianità che ci spinge all’indifferenza per un dramma lontano dai nostri occhi”.

Fra i cartelli, uno con scritto “Ho chiesto alla prefettura di ospitare migranti a casa – Risposta: devi partecipare ai bandi di concorso”. Lo portava una donna che ha riferito di avere presentato al prefetto di Perugia e ai servizi sociali la richiesta di ospitare una famiglia con bimbi. “Hanno il mio nome e numero di telefono, al prefetto poi ho anche inviato una e-mail personale, ma sto ancora aspettando una risposta”. Tra i manifestanti anche una bimba africana di appena due mesi, Maria Ma, con i suoi riccioli neri, una tutina rossa e un grande sorriso. Era in braccio a una delle educatrici del centro di accoglienza perugino di via del Favarone. “È la bimba della Provvidenza” ha spiegato la donna.

La giovane mamma era fuggita da uno dei Paesi dell’Africa sub-sahariana affrontando tutte le difficoltà del deserto e poi gli orrori delle prigioni libiche dove aveva anche subìto violenze sessuali. È arrivata a Perugia da otto mesi, e poco dopo ha scoperto di essere incinta. “Abbiamo voluto tutti questa creatura – ha raccontato l’educatrice – e alla fine abbiamo convinto anche la mamma. Così è arrivata questa bimba della Provvidenza”.

Il suo futuro e quello della giovane mamma è anche nelle nostre mani.

Non farti ingannare dai luoghi comuni

Durante la Marcia è stato distribuito anche un volantino dal titolo “Non farti ingannare dai luoghi comuni”. Eccone alcuni:

Lo Stato mette in mano ai richiedenti protezione internazionale 35 euro al giorno”. A questi migranti vanno invece solo 2 euro e mezzo al giorno. Il resto viene utilizzato da chi li ospita per vitto, alloggio, assistenza, corsi di italiano. Soldi che alimentano l’economia locale e creano posti di lavoro.

Ci stanno invadendo”. I richiedenti protezione internazionale ospitati in Italia il 31 luglio scorso erano 89.083, pari allo 0,15 per cento della popolazione italiana. In Umbria erano 1.418, lo 0,16 per cento dei residenti

Non fanno niente tutto il giorno”. La legge italiana consente loro di lavorare solamente dopo sei mesi dalla richiesta di protezione internazionale. In Umbria però, dove si è riusciti a formalizzare una collaborazione con i Comuni, svolgono lavori socialmente utili a sostegno dell’intera comunità.

AUTORE: Enzo Ferrini