Il Discorso d’insediamento che il presidente George Walker Bush ha tenuto giovedì 20 gennaio 2005 di fronte al Congresso Usa mi ha sconcertato. Avvenire l’ha riferito titolando: ‘Bush, la libertà contro il regno dell’odio’. Un lampo di memoria: Reagan che addita il mondo socialista come ‘il regno del male’. Siamo in linea. Poi il nostro quotidiano (e Dio sa con quanto maggiore convinzione vorrei pronunciare quel ‘nostro’!) ha disseminato nel paginone dedicato all’evento i punti salienti di quel discorso, in cinque specchietti tutti dello stesso tenore. Primo: ‘Voglio costruire una società che si regge sulla proprietà privata, in cui ci sia meno spazio per il governo e più per l’iniziativa dei singoli’. Secondo: ‘La libertà è l’unica forza che può sconfiggere il terrorismo. Il nostro scopo ultimo è la fine della tirannia. L’America cercherà di diffondere la democrazia’. Terzo: ‘Faremo la nostra società più prospera, libera e giusta: costruiremo una società di proprietari. Rendere ogni cittadino agente del proprio destino’. Quarto: ‘La libertà è l’unica risorsa contro la violenza, l’amicizia e l’unità sono la chiave per vincere il terrorismo’. Quinto: ‘La sopravvivenza della nostra libertà dipende dal successo della libertà in altri paesi. L’America non ha un’influenza illimitata, ma è considerevole e noi l’useremo tutta per la causa della libertà’. Ho chiuso gli occhi e per un attimo mi sono ritrovato professore di Italiano al Liceo classico, con la matita rossoblù in mano e tanta voglia di abusare del blu. E di vergare, in calce al temino, un giudizio tranciante: Come Mazzarò! ‘Una società di proprietari’: i patemi d’animo di noi idealisti, che, istigati soprattutto dal Papa, continuiamo a sognare una società di persone, il Mazzarò di Verga l’aveva superati di slancio, per lui la proprietà era il fondamento del diritto alla vita, punto e a capo; quando, gravemente malato, vedeva passargli davanti un ragazzotto seminudo che scoppiava di salute e camminando scalzo, a lunghi passi, divorava allegramente pane e cipolla, Mazzarò borbottava, amareggiatissimo: ‘Guarda chi deve essere in salute: chi non possiede nulla!!’ Uno dei miei ragazzi, uno di quelli che puntualmente storpiano i nomi, si ostina a chiamare Bush ‘George Walzer’. Walzer. Ritmo ternario. Il mondo moderno effettivamente era nato su di uno splendido ritmo ternario: Libertà, Uguaglianza, Fraternità. L’uguaglianza l’hanno messa da parte in nome della ‘giusta disuguaglianza’, la fraternità l’hanno confinata nei paraggi della sagra del paese. Rimane (ma davvero?) la libertà. Ma ballare il walzer su di una gamba sola non è possibile nemmeno per l’eroico Enrico Toti. E provarci non è nemmeno il massimo dell’intelligenza.