Il referendum può bloccare tutto

Statuto regionale. Dopo la sentenza della Corte iniziata la corsa contro il tempo

È sempre più diffusa l’opinione che le azioni messe in atto dalla Regione dopo la sentenza della Corte costituzionale circa la legittimità di alcuni articoli dello Statuto regionale non siano state di alto profilo politico – istituzionale e abbiano, peraltro, complicato le cose. Dopo tale pronunciamento, infatti, nonostante il referendum promosso da un Comitato di cittadini, la principale preoccupazione non è stata tanto quella di riesaminare lo Statuto, anche alla luce del dibattito sviluppatosi dopo i ricorsi di legittimità costituzionale del Governo, quanto la corsa contro il tempo per promulgare lo Statuto ed andare alle prossime elezioni regionali con la nuova legge elettorale e l’incremento del numero dei consiglieri. Un argomento che in verità, considerate le altre questioni in gioco come la famiglia, non ci appassiona particolarmente. Anche se, in più occasioni, abbiamo espresso la contrarietà all’incremento dei consiglieri regionali, mentre abbiamo posto il tema vero del costo complessivo della politica nella prospettiva federalista. Ci interessa, invece, valutare in un orizzonte eminentemente valoriale e culturale, che ci compete di più, la sentenza della Corte costituzionale e le questioni lasciate ancora aperte. La suddetta sentenza ci appare per certi aspetti paradossale. La Corte, infatti, ha dichiarato costituzionalmente ammissibili le norme statutarie, come l’articolo 9 comma 2 sulle diverse forme di convivenza, solo perché ad esse ‘non può essere riconosciuta alcuna efficacia giuridica’ ed hanno’carattere non prescrittivo e non vincolante’. Esse, inoltre, ‘esplicano una funzione di natura culturale o anche politica, ma certo non normativa’ e non sono paragonabili alle disposizioni programmatiche della Costituzione italiana. C’è da osservare allora che queste norme sopravvivono solo in quanto sono del tutto inutili ed inidonee ad esprimere qualsiasi significato giuridico e non potranno quindi produrre un indirizzo per l’azione legislativa ed amministrativa dei propri organi. La mia impressione è che la Corte abbia semplicemente eluso il problema e, pertanto, la questione rimanga aperta ed investa più di prima la responsabilità politica e d’indirizzo del Consiglio regionale.Sui temi maggiormente dibattuti (l’aumento del numero dei consiglieri regionali, l’assenza di un riferimento ai santi Francesco e Benedetto, l’equiparazione tra matrimonio e diverse forme di convivenza) la nostra posizione è nota e rimane inalterata. Su questi argomenti, per noi, la discussione è ancora aperta e dovrà essere ripresa nella prossima legislatura regionale, indipendentemente se ci saranno o no i tempi legali per promulgare lo Statuto regionale. Lo si dovrà fare anche per dare riscontro alle motivate richieste avanzate da altri soggetti, come le Parti sociali. Lo si dovrà fare per dare dignità politica ad uno Statuto su cui non può pesare l’onta di un voto finale che di fatto ha dissolto la maggioranza statutaria. L’ultima votazione, infatti, che ha dato mandato al Presidente della Giunta di promulgare lo Statuto, è politicamente debole, aggrovigliata, frammentata con solo 15 voti favorevoli contro 15 tra contrari, astenuti, assenti e fuoriusciti dall’aula. Un risultato risicato, infarcito di tattiche e strategie di voto. Tra l’altro hanno votato a favore i consiglieri Pacioni e Donati che avevano espresso voto contrario in tutte le precedenti votazioni. Solo il cambiamento d’idea di quest’ultimi ha consentito l’approvazione dell’ordine del giorno. Appaiono, inoltre, ai limiti della legalità le decisioni degli Organi regionali competenti dopo la richiesta di referendum confermativo dello Statuto avanzata da un Comitato di cittadini che ha già iniziato a raccogliere le firme: è rispettata la legge n’16 del 28 luglio 2004 – in particolare l’art. 2, comma 5, e l’art. 3 comma 4 – che disciplina la materia referendaria? Come laicato cattolico seguiremo attentamente la vicenda. Saremo attenti a come si muoveranno le forze politiche nei prossimi mesi. In vista del prossimo appuntamento elettorale (3 – 4 aprile 2005 gli umbri saranno chiamati alle urne per rinnovare il Consiglio regionale) siamo intenzionati a far pesare, con gli strumenti che la democrazia mette a disposizione nella vita culturale, sociale e politica, le nostre posizioni avendo ben presente che le questioni poste (in particolare la famiglia) hanno per noi valenza massima nei programmi dei partiti e delle coalizioni.

AUTORE: Pasquale Caracciolo