‘Parole ritrovate’ per dire ‘ci siamo’

A Gubbio si è tenuto il primo incontro regionale dei gruppi di Auto-mutuo-aiuto

Alzi la mano chi non ha paura, o chi non si sente imbarazzato di fronte al malato mentale, alla persona che soffre un disagio psichico, all’alcolista o al genitore che ha un figlio con problemi. Il pregiudizio e la vergogna creano il vuoto attorno e amplificano la sofferenza della malattia, di chi ne soffre e di chi gli sta accanto. Così, poter parlare con qualcuno che sta attraversando o ha vissuto il tuo stesso deserto, è un fatto che davvero può restituirti un po’ di serenità e l’energia per andare avanti. A Gubbio, sabato scorso il primo incontro regionale dei gruppi di auto-mutuo-aiuto (Ama) si è presentato con “Le parole ritrovate: un coro a più voci per uscire da silenzio”. Al Centro servizi Santo Spirito, nel cuore della città, i gruppi Ama si sono pubblicamente presentati. Perchè? Per lanciare un segnale: “Chiedo aiuto a voi che siete qui” ha detto Sonia che ha avuto un alcolista in famiglia, perchè “il problema del bere è molto diffuso ma non c’è il coraggio di chiedere aiuto, o lo si fa troppo tardi. Dobbiamo rompere il silenzio e togliere la vergogna che isola tante familglie”. Ed in modi diversi il messaggio è stato questo anche da parte dei gruppi per la depressione, dei familiari, o di chi sente le voci, o di chi ha figli con problemi. Tredici gruppi Ama, attivi nell’eugubino gualdese, si sono presentati. Non sono gestiti da medici o professionisti, anche se spesso sono nati per impulso del Centro di salute mentale della Asl N 1, ma sono formati da ‘pari’ che mettono a disposizione la loro esperienza per aiutare l’altro e nel fare questo aiutano se stessi, e viceversa. La partecipazione è liberamente decisa dalle persone e ciascuno mette a disposizione le proprie risorse ed esperienze in un rapporto di mutuo aiuto. “Non dire sono fatto così, sono cose del mio carattere. Sono cose della mia mancanza di carattere” ha detto Antonella, presentando il gruppo dei familiari di persone che soffrono di depressione. Una frase che l’accompagna dall’adolescenza e che l’ha sostenuta anche nella fase più brutta della malattia di suo marito. Sposati, con una bambina di pochi mesi, la depressione ha sconvolto la loro vita. La capacità di reagire di Antonella, il suo carattere allegro e sempre volto a ricercare il positivo della vita, la sua bambina, l’hanno aiutata a vivere e superare il periodo peggiore segnato dalla malattia (lui si è rivolto al Centro di salute mentale) e dall’abbandono degli amici di sempre. Ha messo tutte le sue energie per sostenere la famiglia fino alla guarigione di suo marito. Poi si è sentita svuotata, incapace di dare qualcosa a qualcuno. In questa fase è arrivato l’invito a costituire un gruppo di familiari di depressi. “Ci siamo arricchiti reciprocamente, siamo anche diventati amici” racconta, e del gruppo è diventata l’animatrice. Se avesse incontrato prima il gruppo la solitudine sarebbe stata meno forte. Quella dell’eugubino – gualdese puù essere definita esperienza leader sia per la varietà di gruppi presenti sia per la loro interazione con i servizi e le istituzioni del territorio. Unico nel suo genere anche il Servizio di Accompagnamento al lavoro (Sal) per persone svantaggiate, del quale fanno parte tre operatori della cooperativa Asad, il Comune e la Asl. Il Sal una rete di contatti con le aziende del territorio che partecipano ai progetti mettendo a disposizione un posto lavoro. Le persone, che possono essere malati psichiatrici, tossicodipendenti o ‘casi sociali, vengono inserite nell’azienda per un tempo limitato secondo le capacità della persona e l’operatore sociale segue ed accompagna la persona in questa esperienza tenendo il contato con il datore di lavoro e il servizio che ha richiesto l’intervento. Pochi passano poi all’assunzione, ma l’importante è che per ciascuno si tratta di una esperienza di lavoro in contesto reale e non creato su misura per la persona svantaggiata.

AUTORE: Maria Rita Valli