L’11 dicembre 1925 Papa Pio XI con l’enciclica Quam primas istituiva la festa di Cristo Re contro il laicismo, “peste della nostra età”: egli infatti vedeva nell’esclusione di Dio dalla società la principale causa dei mali che affliggevano il mondo di allora: “E perché più abbondanti siano i frutti e durino più stabilmente nella società umana, è necessaria che venga divulgata quanto più possibile la conoscenza della regale dignità di nostro Signore.
A tale scopo ci sembra che nessun’altra cosa possa maggiormente giovare quanto l’istituzione di una festa particolare e propria di Cristo re”. Senza voler entrare in questioni storiche, che però sarebbe bello analizzare (sembra oggi di non essere tanto lontani dalle questioni che si agitavano allora, quali ad es. l’impegno dei cristiani nella società e l’identità cristiana o laica dello stato, oppure la separazione tra società civile e chiesa…), ci concentriamo invece su quanto riguarda il vangelo scelto per oggi. Ci viene infatti proposto di ascoltare, nella versione di Luca, la lettura della crocifissione di Cristo: l’unica altra volta che accade è durante la Settimana Santa.
Il lezionario avrebbe potuto selezionare anche altri brani per sottolineare l’idea della regalità di Cristo: l’ingresso a Gerusalemme, per esempio, dove il Gesù di Luca viene proprio proclamato re: “Benedetto colui che viene, il re nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!” (Lc 19,38). Ma è altrettanto vero che la parola re riferita a Cristo emerge con forza ma anche con maggiore frequenza proprio nei vangeli della passione.
È nel momento estremo della debolezza che più si mostra quale regno, quale regalità, ha scelto Gesù Cristo. Questa idea è molto importante, e dagli esperti viene chiamata ironia: tutto il racconto della passione nei vangeli è percorso da una ironia molto sottile. Mentre gli avversari di Gesù (il popolo, i sacerdoti, i romani) si sono coalizzati per ostacolare la missione del Re-Gesù, egli la compie nonostante le loro congiure. Anzi, grazie a queste, addirittura anche grazie alla sua morte.
Il piano di Dio deve essere portato a compimento, e nulla potrà ostacolarlo. Dio compie la sua volontà proprio nel momento di maggiore debolezza del Figlio suo. È infatti con la sua morte che avviene la vera liberazione di cui Gesù ha parlato, e per la quale Gesù è venuto, come ci dice Luca nell’inno Benedictus: “per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati” (Lc 1,77). Sulla croce si avvera anche la profezia sulla vita di Gesù, incisa nel nome stesso che porta: Gesù significa “Dio salva”, come spiega bene l’angelo a Giuseppe in Mt 1,21: “Essa (la Vergine) partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Questa parola si realizza soprattutto dalla croce, sulla quale è inciso lo stesso nome, accompagnato dal suo titolo regale. Anche da lì, addirittura dalla croce del Figlio, Dio è capace di salvare. Anzi, è Gesù stesso che – con le poche parole che ancora può dire – annuncia la salvezza ad uno dei tanti peccatori che ha frequentato nel tempo del suo ministero: “Oggi sarai con me in paradiso” (Lc 21,43).
Di quale salvezza è capace Gesù? Di una salvezza totale, che coinvolge l’intera vita del malfattore che è in croce con lui. La liberazione dai suoi peccati, ma anche la promessa di farlo entrare nel suo regno. Per fare questo anche Gesù deve esercitare un potere, non come lo esercitano (spesso male) i potenti e i governanti di questo mondo, ma un potere “disinteressato” che ha in mente solo una cosa: la salvezza integrale dell’uomo, il suo bene ultimo. La festa di oggi ci aiuta a rimettere le cose nel giusto ordine, ad avere una visione della vita e della storia tipicamente cristiana.
Anche se tutto intorno a noi si agita, e cambiano i re, i governi e i potenti, anche se quanto accade a volte ci spaventa – anche perché oggi le cose cambiano davvero in modo troppo veloce – noi cristiani sappiamo che a tenere le redini della storia è, misteriosamente, la Provvidenza di Dio. Anzi, proprio nei momenti in cui la realtà sembra negare la presenza di Dio, noi cristiani abbiamo un modello che ci spiega come funzionano le cose: attraverso la regalità esercitata da Cristo tra le pieghe della storia.