È il fattore “L” che oggi domina la scena italiana, europea, mondiale. Non si tratta di “laicità” (è un valore cristiano anch’esso: “Date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio”, da cui la regola comportamentale della tolleranza anche verso i… cristiani), ma di “laicismo”, che è una specie di estremismo fondamentalista antireligioso e in particolare, oggi, anticattolico. A rilevarlo non sono soltanto i cittadini comuni, ma anche persone aldilà di ogni sospetto proprio perché seriamente laiche. Mi riferisco al presidente del Senato Marcello Pera che in più interventi, e specificamente in quello pronunciato ad Assisi il 15 ottobre scorso, ha denunciato questo clima non solo di sospetto, ma di lucida opposizione al nome cristiano, che porta a relegare nell’insignificanza tutto ciò che sa di fede e di cultura cristiana, pur essendone tutti debitori. Dovremmo infatti strapparci di dosso la pelle per eliminare quel che v’è di cristiano nella nostra scala di valori, e tanto non basterebbe. È dalla società civile, infatti, dove la fede cristiana è ancora felicemente operante e viva, che salgono a livello delle istituzioni quei valori morali umani, che sono spesso di origine cristiana e che chiedono d’essere riconosciuti nella legislazione anche come diritti positivi. Ma se l’ascolto dei valori morali autentici della società civile è disturbato dal pregiudizio o dalla faziosità, nascono guasti notevoli per l’autentico bene comune, mentre per i portatori di quei valori s’aprono ghetti ed emarginazioni. “La laicità – scrive il presidente Pera – è un principio di autonomia, di tolleranza, di rispetto riguardo a fedi, credi, filosofie. Il laicismo è il contrario: è una ideologia, qualche volta è una religione, qualche altra volta è una religione cieca, ottusa e dogmatica. Forse questa religione laicista spiega più di tutto il resto la ‘dimenticanza’ delle radici cristiane d’Europa nel preambolo del Trattato. Certo è che il laicismo spiega tanti fatti curiosi che stanno accadendo in Europa (come il velo delle ragazze musulmane o il crocifisso nelle scuole italiane ecc.)… E forse è questione di laicismo, e non di laicità, anche l’andamento di una audizione di un commissario cattolico candidato alla Commissione europea”. Le stesse affermazioni il presidente Pera ha ribadito di recente in una intervista al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung: “In Europa abbiamo perso la fiducia che i nostri valori meritano di essere difesi: è una mancanza rassegnata, rivelatrice di deplorevole indifferenza morale… La nostra eredità giudaico-cristiana l’abbiamo dimenticata e nemmeno abbiamo avuto la forza di nominarla nella Costituzione europea”. E noi in Umbria? Sia chiaro: non è che questo rigurgito laicista e anticattolico ci preoccupa più di tanto. È un ritorno ciclico, come le glaciazioni: e non saranno i poveri “untorelli” di oggi a distruggere Cristo e il Vangelo. Tutt’al più dovrebbero preoccuparsene gli uomini di cultura, vedendola così travisata dai talebani del laicismo. Con i laici si dialoga, com’è giusto che sia; con i laicisti si fa difficile anche l’approccio. Semmai ai cristiani di oggi tocca capire il perché e il come di questa repentina burrasca anticristiana, riscoprire l’identità nativa della Chiesa e cioè quella missionaria, senza più cullarsi sugli allori, ripartire con l’annuncio d’un Vangelo sine glossa, come quello di Francesco. A volte però anche gli urli scomposti sotto la finestra di casa valgono a risvegliare i dormienti dal sonno.
Il fondamentalismo laicista
AUTORE:
' Giuseppe Chiaretti