Un punto di arrivo e un punto di partenza. È il più realistico bilancio della storica giornata del 29 ottobre, con la solenne firma del Trattato costituzionale dell’Unione europea. Se siamo ad un crocevia è comprensibile anche un certo senso di indeterminatezza: molteplici infatti sono le sfide per i prossimi anni, in un quadro mondiale in rapida evoluzione. Proprio per questo risaltano le parole del Papa, prima ricevendo il presidente del Consiglio polacco, all’indomani della firma, poi all’angelus. Giovanni Paolo II ha detto tre cose. Prima di tutto, siamo di fronte a un “un momento altamente significativo nella costruzione della ‘nuova Europa’, alla quale continuiamo a guardare con fiducia”. Perché “il cammino sarà ancora lungo e sempre più significativo”. In secondo luogo, ha ricordato che la Santa Sede è attivamente impegnata per la costruzione europea: una unità da sviluppare “sulla base di quei comuni valori che fanno parte della sua storia”. Tenere conto delle “radici cristiane” significa infatti “avvalersi di un patrimonio spirituale che rimane fondamentale per i futuri sviluppi dell’unione”: aprire e non chiudere. Non solo la Santa Sede, ma in concreto tutti i cristiani sono attivamente impegnati in questa partita. È questo il terzo punto del discorso del Papa, che afferma: “Anche negli anni a venire i cristiani continuino a portare in tutti gli ambiti delle istituzioni europee quei fermenti evangelici che sono garanzia di pace e di collaborazione tra tutti i cittadini nell’impegno condiviso di servire il bene comune”. I tre punti toccati da Giovanni Paolo II, in un momento di discussione e polemiche talora ben sopra le righe, permettono di ribadire una posizione equilibrata e realistica. Identità è una parola – concetto affascinante e talora fuorviante. Tanto più in un frangente storico come questo, di accelerati cambiamenti e, dunque, di conflitti e confusioni, il cristianesimo cattolico ribadisce il suo ruolo dinamico nella storia, e in particolare nella storia europea. Ragionando proprio sull’inscindibile nesso tra identità europea e cristianesimo Rémi Brague di recente ha scritto che “il cristianesimo distingue ciò che sarebbe allettane confondere”, prima di tutto appunto Stato e Chiesa, ma alla radice “unisce ciò che sarebbe invitante distinguere”, a proposito della dottrina dell’Incarnazione. Il cristianesimo non è, come dicono sbrigativamente tanti commentatori politicamente corretti, una “religione del libro”. È invece segnato da un doppio dinamismo. L’incarnazione del Verbo gli permette di essere tradotto in una infinità di culture, e l’evento pasquale, che si perpetua nella vita della Chiesa, disegna una storia di libertà e di santità, un dinamismo non comprimibile e sempre sorprendente.
L’inscindibile nesso
AUTORE:
Francesco Bonini