Quando si dice una bella esperienza si intende un evento ben organizzato, utile, vissuto con entusiasmo. Tutti dicono con il volto siamo “contenti di esserci”. È quanto si è visto incontrando i ragazzi e i giovani impegnati nei campi estivi. I ragazzi hanno la sensazione di vivere una avventura da non dimenticare. Raccontano, hanno sempre tante cose da dire, danno l’impressione di non aver mai esaurito il racconto di quanto stanno vivendo. Don Stefano è stato a Cittareale, così don Luca e don Andrea. Gli scout di Europa hanno piantato le tende al Fuscello di Leonessa, gli scout degli altri gruppi in luoghi diversi. Sempre con la stessa attenzione, la stessa profonda partecipazione, lo stesso entusiasmo. Sono vari i momenti di un campo estivo. C’è il gioco, la gioia di ritrovarsi insieme, la scoperta di se stessi in irripetibili momenti di silenzio e riflessione, c’è l’esperienza della preghiera intensa come, sembra, in altri luoghi sia impossibile. Alla sera si è stanchi, eppure si ha ancora il desiderio di confrontarsi, cantare insieme, magari attorno a un fuoco, di pregare per ringraziare il Signore del cammino compiuto.
Ci sono poi “i campi di lavoro”, esperienza inspiegabile per chi conosce i giovani di oggi (e di sempre!) in modo superficiale. Vanno in Albania, si pagano il viaggio, lavorano come non hanno mai fatto, nessuno li paga e sono contenti. Che strano! Sono i nostri giovani che partono con don Antonio Pauselli, con don Paolo Carloni, con don John Mc Elroy, con don Roberto Tarquini. Li coordina Nicola Cimadoro, esperto di campi di lavoro e di esperienze estive con i giovani. Forse un rammarico: che siano esperienze poco conosciute. Molti forse cambierebbero idea sui giovani e li vedrebbero con meno pessimismo. Altri forse sarebbero aiutati a uscire dal proprio piccolo angolo egoistico, potrebbero non vedere più soltanto divertimento e avventura nella loro estate. Ma perché se ne parla così poco? Forse tutti si sentono discepoli di quelle sante parole “non sappia la sinistra quello che fa la destra”?
La missione diocesana a Ntambue
Anche se le notizie provenienti dalla Repubblica democratica del Congo sono sempre di dolorosa preoccupazione, quanto operano i nostri missionari, don Edmund e don Sergio nella Missione diocesana, suscita grande ammirazione. Ci sentiamo tutti vicini a Ntambue, viviamo con loro i risultati e i problemi della vita della comunità. Siamo in ciò vivacemente aiutati dalle frequenti corrispondenze che ci giungono via e mail dalla missione. Da poco è tornato don Leopoldo, proprio in questi giorni è rientrato, per un periodo di riposo, anche don Edmund. È rimasto in missione solo don Sergio, il quale, aiutato dalle persone impegnate, non ci fa giungere alcun segno di preoccupazione, anzi vive con serenità ed entusiasmo il suo lavoro. Basta leggere le sue lettere per renderci conto della tranquillità del suo spirito e dell’enorme servizio che sta compiendo. Ora don Edmund è in famiglia per un meritatissimo riposo. Sarà con i sacerdoti alla due giorni di Foligno, comunque sarà tra noi a breve e potremo così sentire dalla sua voce quanto avviene in Congo. La missione a Ntambue è certo una delle opere più belle della nostra diocesi un servizio dentro cui, in un certo senso, ci sentiamo tutti.