La famiglia è un’altra cosa

Dal mondo cattolico richiesta unanime al Consiglio regionale di riscrivere l'articolo 9 dello Statuto

Si è tenuta venerdì 9 luglio presso il Centro Capitini di Perugia la Tavola Rotonda promossa dall’associazione ‘Cose Nuove’ e ‘Umbria Nostra’ nel merito della “Definizione della famiglia nel nuovo Statuto Regionale” che, lo ricordiamo, è stato approvato in prima battuta il 2 aprile e si avvia verso la seconda approvazione nei prossimi giorni. Oltre 300 le persone che hanno ascoltato i relatori che si sono avvicendati con i loro interventi. Mons. Bromuri in qualità di moderatore ha aperto i lavori specificando come l’incontro non fosse “contro” qualcuno, non per “mortificare i diritti dei cittadini, ma per illuminare una realtà negata nella mentalità corrente”. È noto che nell’art. 9 dell’approvando Statuto, titolato “Comunità familiare” si afferma che la Regione “riconosce i diritti della famiglia” ed anche che “tutela le varie forme di convivenza” sottintendendo una sorta di estensione del paradigma familiare e delle tutele giuridiche connesse, ad altre forme di aggregazione-convivenza. Tale formulazione apre ad una serie di problemi evidenziati, con sensibilità e competenze diverse dai vari relatori che si sono avvicendati. Mauro Cozzari, referente di ‘Cose Nuove’ si è rivolto direttamente alla comunità politica regionale rappresentata dalle persone di Fiammetta Modena (FI) e di Lamberto Bottini (Ds) rispettivamente Presidente e vicepresidente della Commissione Statuto (di altri consiglieri regionali non ve n’era traccia) domandando loro un lavoro supplementare di fantasia e di dialogo politico per migliorare tale articolo al quale Cose Nuove stessa ha presentato un emendamento che domanda di inserire la locuzione “tutela le varie forme di convivenza” all’art. 5 dello Statuto stesso dedicato all’uguaglianza tra i cittadini o, in subordine, di separare mediante il posizionamento in un distinto comma dell’art. 9 tale locuzione. La presunzione di incostituzionalità dell’art. 9 dello Statuto chiaramente difforme al dettato dell’art. 29 della Costituzione Italiana, è stata il centro dell’intervento di Caracciolo che molto ha insistito anche sul legame tra famiglia e sussidiarietà. Di natura squisitamente giuridica l’intervento di Eliana Petrozzi presidente dei giuristi cattolici, la quale ha ricordato come i diritti della famiglia siano antecedenti allo Stato (per questo si definisce la famiglia come “società naturale”) al quale viene chiesto di garantirli e di porre la famiglia nelle condizioni di poter espletare al meglio le proprie funzioni. Il matrimonio, della famiglia, è il contratto fontale dal quale scaturiscono diritti e doveri per tutti i membri che la compongono. Le altre forme di convivenza, peraltro affermazione molto nebulosa nei suoi effettivi contenuti, è evidente che non ricadono sotto questo ombrello giuridico. Giuseppe Dalla Torre, rettore della Lumsa di Roma ha voluto invece puntualizzare come il dibattito sulla famiglia da parte dei cattolici non tocchi la sfera della laicità dello Stato anzi, essendo questa definibile come “l’imparzialità dello Stato di fronte a diverse impostazioni religiose” richiede invece l’apporto delle varie sensibilità della società civile, non ultima quella del mondo cattolico che ha una propria visione “del matrimonio e della morale familiare che non s’impone ma si propone”. A tal riguardo Dalla Torre ha anche stigmatizzato l’atteggiamento ideologicamente intollerante che vuole i cattolici estromessi dalla costruzione culturale del proprio paese. Tre sono stati i rilievi mossi dal giurista all’art. 9: denominazione tautologica (comunità familiare è la famiglia); la non menzione del matrimonio come atto costitutivo della stessa; ambiguità della locuzione “varie forme di convivenza” che potrebbero essere invece tutelate come “formazioni sociali” di fatto già coerentemente alloggiabili all’art. 5. Oltre ai già evidenziati problemi di incostituzionalità, Dalla Torre ha voluto porre l’attenzione sul rischio di intaccare la stessa struttura sociale nella misura in cui il quadro di riferimento che regge una società pluralista, in specie la Costituzione, viene ad essere posto in discussione. Inoltre un impianto di tale genere presenta una irriducibile irrazionalità: in nome di una libertà si rifiuta il matrimonio ma d’altro canto si richiedono gli effetti giuridici del matrimonio. “Il rischio è quello di uno Stato che corre dietro alle scelte di coloro che fanno scelte di libertà che non vogliono essere tutelate. La rivendicazione della libertà di scelta è frustrata da un ordinamento che imporrebbe le stesse conseguenze del matrimonio a chi il matrimonio non vuole”. Pertanto, per il Rettore della Lumsa, il problema non è di estendere il paradigma matrimoniale come soluzione di casi specifici (ad esempio il diritto a continuare ad abitare nella stessa casa alla morte del convivente), ma aprire una legislazione sociale che possa venire incontro a queste situazioni. L’intervento di Bottini ha voluto invece porre in evidenza la “coralità” dei lavori svolti ed anche la manifesta volontà di restare in ascolto della comunità regionale per meglio capire, meglio lavorare e strutturare il profilo della Regione Umbria. Dello stesso tenore l’intervento della presidente Fiammetta Modena, la quale, dal canto suo ha evidenziato come in Consiglio regionale vi sia una maggioranza che ha scelto di riconoscersi nell’istanza del riconoscimento delle coppie di fatto, e che limita lo spazio operativo in senso migliorativo dell’art. 9. Problema di natura politica dunque che, portato alle estreme conseguenze, inficerebbe l’approvazione dello Statuto stesso. Gli interventi in sala, tra i quali quello del vescovo Bottaccioli, hanno chiesto un maggior coraggio alle forze politiche che non si riconoscono nella formulazione dell’articolo in questione, uno sforzo di dialogo con la maggioranza, una rielaborazione dell’articolo mediante l’inserimento di un comma destinato alle convivenze distinto dal riconoscimento peculiare della famiglia.

AUTORE: Roberta Vinerba