San Luigi, infine

E dunque minimizzare nella figura di Luigi Gonzaga la purezza per esaltarne solo la carità non è saggio. Come cadere dall’altra parte del cavallo. Ma non è saggio soprattutto per un altro motivo. L’accoglienza selettiva di un certo Santo è l’eco dell’accoglienza selettiva del Vangelo. Che è un assurdo, tout court. Non ci si può riferire al Messaggio recependo solo quello che gratifica la nostra sensibilità e mettendo da una parte quello che invece non le sconfinfera. Non si può, perché questo tipo di approccio selettivo equivale alla negazione della dinamica stessa dell’esperienza religiosa, che muove dalla nostra totale passività, dalla nostra capacità di accoglienza senza riserve mentali. ‘Passività’, certo! Non solo nella monaca di clausura, ma anche nel missionario instancabile. ‘Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi’: vale per tutti. È giusto e doveroso che ognuno si rapporti al Vangelo dall’angolazione della propria sensibilità, ma solo subordinatamente al primato dell’ascolto e della concezione della vita come risposta. Il Messaggio o lo si accetta in blocco o in blocco lo si rispedisce al mittente. La verità rivelata è verità a tutto tondo, come tutte le altre verità e anche di più, ma di esclusivamente proprio ha questo: essa non è il risultato di una ricerca personale, la personalizzazione è un passo successivo, la verità religiosa è tutta intera già quando si profila per la prima volte alla mente. E in questa prospettiva la corrispondenza fra verbum e res è assoluta. E in questa prospettiva essa ha una sua strepitosa ragionevolezza, ma di taglio totalmente riflesso, basata non sulla correttezza dei nostri vetusti circuiti cerebrali, ma sulla fiducia nel Dio che parla. Senza eccezioni. ‘Dio ama i bambini’ va detto non solo nel giardino d’infanzia, dove lo sbocciare della vita si tocca con mano, ma anche, pur con immane fatica, nel reparto di oncologia pediatrica’: troppe testoline innaturalmente calve, troppa la paura e la domanda in quegli occhi’ Nelle comunità come la mia, ben al di là della lezioncina di teologia ruspante nella quale mi sto cimentando, questo strabismo ideale è sempre in agguato. Come nella Teologia della Liberazione. Cristo libera sempre, tutto e tutti, ma lo fa non solo’ liberando, bensì chiamando, e rivelando, e santificando, e forgiando dall’interno, e guidando alla vita eterna’ Certo, senza dimensione integralmente liberatoria il Cristianesimo è un placebo, un digestivo che aiuta a deglutire anche i sistemi politici più immondi e a legittimare gli uomini politici meno presentabili. Certo, l’accusa di condividere ‘troppo’ il quotidiano dei fratelli più in difficoltà è di una stupidità metafisica. Ma il pericolo di non cogliere il discorso cristiano nella totale ricchezza delle sue radici e delle sue implicazioni rimane sempre in agguato.