Giornata della Solidarietà del I’aggio

Si è tenuta martedì 27 aprile a Santa Tecla di Assisi la Conferenza episcopale umbra, presieduta dall’arcivescovo mons. Giuseppe Chiaretti. Nel corso dei suoi lavori è stato presentato da mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia, il documento della Consulta regionale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della Ceu, redatto in occasione del 1’maggio, Giornata della solidarietà dedicata al tema “Flessibilità e precarietà del lavoro oggi”. Segue il testo integrale del documento. “Le Chiese che sono in Umbria celebrano la Giornata della Solidarietà del 1’maggio 2004 unendosi in modo particolare ai lavoratori. Stiamo in un momento difficile, basti pensare alla minaccia del terrorismo, alla guerra in Iraq, alle tensioni in Terra Santa, senza considerare le altre guerre di cui nessuno parla. L’illusoria speranza di chi crede di regolare con l’uso della forza i rapporti tra i popoli, non solo porta verso un futuro incerto, ma determina anche una situazione di precarietà economica e produttiva che rende difficile la stabilità e la competitività delle aziende e la stessa vita dei singoli e delle famiglie. Non possiamo rassegnarci ad un mondo che sembra aver perso la speranza per un futuro pacifico e solidale. C’è bisogno dell’impegno di tutti per difendere la pace e per istaurarla. La stessa lotta al terrorismo, se per un verso richiede l’uso delle armi, per l’altro verso, ben più ampio, comporta un impegno prioritario per affermare nel mondo la solidarietà e la giustizia sociale. Lo stesso conflitto israelo-palestinese, che si protrae da oltre 50 anni, richiede che si spezzi l’infernale catena dell’odio, della vendetta e della ritorsione per affrontare ricreare con decisione le premesse per un negoziato giusto che porti alla convivenza tra i due popoli. E’ inoltre necessario che la comunità internazionale, attraverso il rafforzamento dell’ONU, percorra nuove vie per un ordine internazionale e per una pace fondata sui 4 pilastri indicati da Giovanni XXIII nella Pacem in terris: la verità, la giustizia, l’amore e la libertà. Nel contempo l’attuale complessa congiuntura economica internazionale esige una migliore imprenditorialità e una più incisiva concertazione tra istituzioni e parti sociali. Ciò che più preoccupa è l’emergere degli aspetti di precarietà, finora poco avvertiti, che mettono in difficoltà le aspirazioni e il futuro di migliaia di persone e di famiglie. Le vie per far fronte ai fenomeni di polverizzazione, di trasformazione e ristrutturazione delle aziende, anche di rischio di chiusura di grandi complessi, non sono semplici né facili. Come Comunità cristiane dell’Umbria abbiamo offerto il nostro sostegno nei momenti di particolari difficoltà, come nei casi del Magnetico di Terni e del settore della tabacchicoltura. Ci stanno a cuore le vicende dei lavoratori e delle rispettive famiglie che hanno diritto ad una loro serenità. In particolare ci sta a cuore il domani di tanti giovani. In Umbria su 18.000 persone in cerca di occupazione, il 21% sono giovani. Preponderante è la fascia d’età tra i 25 e i 34 anni. Il 59,7% sono disoccupati di lunga durata di cui il 46,9% sono diplomati e il 18,8% sono laureati. I dati attestano che sta aumentando il tempo medio di ricerca del lavoro. Le azioni delle istituzioni competenti e delle parti sociali vanno compiute attraverso percorsi possibili. Ci permettiamo di porre l’accento su tre punti: 1. Ogni persona ha bisogno di riferimenti e di stabilità per costruire il proprio futuro degno. Siamo convinti che l’avanzamento nella modernità del lavoro si misura sulla tutela che la società riesce ad offrire ad ogni lavoratore, ivi compresi quelli costretti a prendere il primo lavoro che capita. Pensiamo ai giovani, alle donne, alle persone che non hanno in sé sufficienti risorse o capacità per “stare sul mercato”, pensiamo agli extracomunitari. Non vanno dimenticati i riflessi che i vari modi di lavorare hanno sulla famiglia. Mentre ci preoccupiamo di esortare i giovani a costruire una famiglia, superando quella pigrizia che fa restare a casa dei genitori. Incoraggiamo un’azione educativa e sosteniamo la fedeltà alle scelte compiute. La trasmissione di questi e di altri valori richiede in sé prospettive, anche lavorative, di lunga durata. 2. La flessibilità può essere significativa in alcune situazioni, soprattutto quando è libera e concordata. Occorre impegnarsi a far emergere anche gli aspetti positivi della flessibilità. Essa, infatti, può stimolare le persone a scegliere, a misurarsi con le proprie possibilità. E può essere anche benefica se i diversi profili di lavoro si sostengono con indicazioni competenti, corsi e sbocchi programmati, collaborazione di enti, istituzioni, sindacati e scuole adatte al reinserimento. La flessibilità può sviluppare così risorse e allenare alla ricerca di una collocazione confacente alle proprie attese. 3. Temiamo che oggi, in non pochi casi, tale flessibilità venga imposta come ricatto, pena l’espulsione che si traduce in precarietà. Occorre perciò evitare gli aspetti negativi della flessibilità, ossia quelli senza regole, che generano precarietà sempre più diffuse, con la mancanza di strutture a sostegno di chi non è attrezzato intellettualmente. Tutto ciò suppone una domanda di fondo: quale modello di società si vuole proporre? Si parla ormai comunemente di globalizzazione. Ma se la conclusione a cui si arriva si misura in precarietà, diffidenza e individualismo senza prospettive, allora la costruzione di questo nuovo modello di società ha qualcosa in sé di sbagliato. La nostra società invece ha bisogno di progettualità e di interventi capaci di nuove prospettive e nuovi sistemi. Non bisogna cedere al pessimismo o alla rassegnazione; è piuttosto necessario che si uniscano tutte le forze per trovare soluzioni all’altezza dei tempi. Facciamo quindi appello a tutti. In primo luogo alle istituzioni perché si impegnino per il lavoro: nella flessibilità ormai dilagante, sia accompagnato da attenzioni alle tutele, alle previdenze, in particolare di tutti i lavori atipici che si stanno moltiplicando, ad una legislazione che valorizzi la flessibilità quando è di reciproco aiuto tra imprenditore e lavoratore. Vanno previsti dispositivi di reinserimento, impegno per la formazione professionale, strumenti di approfondimento che permettano itinerari con sbocchi aperti verso una maggiore progettualità. Invitiamo gli imprenditori ad un maggiore coraggio nell’affrontare questo tempo, con intelligenza, creatività e competenza. Quando le difficoltà relative alla gestione dell’azienda vengono affrontate con responsabilità, spesso si è capaci di rinnovarsi. Certamente non è possibile questo cambiamento senza la collaborazione e l’apporto responsabile dei lavoratori con cui, insieme, si potrà costruire proposte e soluzioni nuove, soprattutto per le esigenze di qualità che il mercato continuamente richiede. Ai sindacati chiediamo di mantenere alto il proprio impegno. Come ha mantenuto fede, negli anni passati, alla garanzia dei diritti della persona, pur nelle difficoltà attuali, ritrovi oggi la forza e l’unità per cercare e sostenere forme di stabilità che non travolgano il mondo del lavoro. L’individualismo porta alla solitudine e porta alla debolezza di tutti anche se qualcuno pensa di potersi salvare da solo. Il farsi carico dei problemi e della sofferenza dei lavoratori come delle realtà deboli e degli extracomunitari, è importante in una società che si sfilaccia nella partecipazione sociale. L’invito è rivolto anche ai lavoratori e alle lavoratrici perché non abbiano paura dei cambiamenti, siano invece attenti e pronti a partecipare ad un comune impegno senza demonizzare il futuro e senza acquietarsi in una solitudine che rimanda a individualismi ciechi sulle sofferenze degli altri. La storia dei lavoratori ha insegnato che la partecipazione crea solidarietà forti. Esse fanno superare debolezze e fanno camminare il mondo del lavoro e la società verso traguardi più alti”.