Ho ascoltato anche io con piacere, e condiviso, e applaudito, da questo remoto angolo dell’Umbria che non conta, l’acuto di Gianfranco Maddoli sull’ultimo numero de La Voce. Ci ho ritrovata la carica di quell’Azione Cattolica che negli anni 60 Gianfranco incarnò egregiamente ai miei occhi di giovane prete. Una carica che in Maddoli oggi appare tinta d’amarezza. Ma non c’è da preoccuparsi: se la si governa, l’amarezza può trasformare il latte in caffè-latte. La frustata della caffeina non compromette il valore nutritivo del latte.Di quello che scrive Maddoli bisogna farne tutti oggetto di riflessione. E di scelte. Scelte. Me lo dicevo mentre, sulla prima pagina del quotidiano inserto di Agorà, leggevo lo sbiadito collegamento che Vittorio Citterich, che pure ci abituò un giorno a ben altre performances, instaurava fra il centenario della nascita di La Pira e le vicende politiche di questi giorni. Parentesi: Agorà, per me come -penso- per molti dei lettori di Avvenire, tutti quelli il cui palato (come il mio) è incapace di percepire l’equidistanza come un sapore, è la prima parte di giornale che uno va a leggersi. Lo sarà ancora per molto? L’informazione in Avvenire è sempre stata… liofilizzata, e questo è un dato positivo se raffrontato con l’informazione vincente, quasi sempre surriscaldata, ma a lungo andare stanca. Agorà mi pare stia planando dal cielo delle grandi aperture dello spirito alla brughiera della storia con la s minuscola, alla savana dei sociologismi, alla palude sulla quale vigila la Dea Eupalla. Mi pare. Chiusa la parentesi. La Pira prima si costruì lo sfondo giusto, l’austera povertà della sua povera cameretta, in quel Convento fiorentino di S. Marco che a suo tempo era stato di fra Angelico e di Girolamo Savonarola, poi esordì. Era la fine degli anni 30. Esordì con una rivistina graficamente simile ad un’orfanella di guerra, ma…; il suo titolo era Principi, e il suo redattore era uno che immergeva quotidianamente la sua riflessione politica nelle tante ore di preghiera che impreziosivano la sua giornata. Il Fascio di Firenze, che annoverava tra i suoi nerboruti esponenti anche gente di cervello, prese a sequestrare la rivista e a perseguitare La Pira, che dovette nascondersi in diverse case di diverse parti d’Italia; tra di esse anche casa Montini, quella della famiglia del futuro Paolo VI. Subito dopo la guerra La Pira condensò quanto aveva scritto su Principi in un libretto che bisognerebbe rimettere in circolazione. S’intitolava “Metafisica della politica”. Metafisica della politica, propositiva, efficace antidoto alla biologia e alla fisiologia della politica, descrivono e non progettano.Tornare a indagare le grandi leggi che, al di là del dato empirico immediato, presiedono a quella crescita della persona che la politica è chiamata servire. Compito con la “c” maiuscola.