Ormai è entrata nell’uso, e non c’è verso di sradicarla. “Chiesa di destra”, “Chiesa di sinistra”. Di recente l’ha rispolverata il ministro Bossi nel suo scriteriato attacco al Papa e alla Chiesa. Ha inviato in Vaticano anche tre vocabolari, lui che coi libri ci zocca il mettitutto. “Chiesa di destra”, “Chiesa di sinistra”. La dicitura, impropriamente mutuata dal linguaggio delle moderne democrazie parlamentari, è invalsa, o quanto meno ha dilagato, al tempo del Concilio. La Curia romana aveva preparato come traccia per i lavori conciliari uno schema, un dossier, che per quanto espresso nel latino Doc del mio ex padre spirituale mons. Pericle Felici, per i padri Conciliari sarebbe risultato digeribile come una polpetta di dinosauro. E di fatti i Padri suddetti, anche quelli entrati in San Pietro tremebundo pede, rinfrancati dalla fiducia di Giovanni XXIII, gettarono nel cestino quasi tutte le 2.000 pagine di documenti che la Curia aveva predisposto per loro. Con quel gesto molto prosaico cominciava il Concilio vero. Da quel momento i Padri che spinsero per il cambiamento vennero detti “di sinistra”, quelli che frenarono per la conservazione dell’esistente vennero detti “di destra”. Linguaggio improprio anche in sede politico/civile (Hitler fu un grandissimo innovatore, anche Pol Pot), linguaggio fuorviante quando si parla di Chiesa. Che è (vorrebbe essere) una comunità: molto di più e molto di meno di una democrazia. Quel linguaggio oggi l’ha rispolverato il ministro Bossi. L’intervento del Padano di bassa Lega nei confronti della Chiesa e del Papa non merita commento veruno. C’è piuttosto da chiedersi come mai tutto sia diventato così piccolo, minuscolo, lillipuziano, miniaturizzato nella cultura e nella politica di questo nostro paese in questo inizio del III millennio. Perché Bossi può fare la voce grossa quanto vuole, ma rimane un uomo raucamente piccolo. Le Riforme in mano sua? È come affidare la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina ai ragazzi della scuola edile di Caltanisetta. Un’articolazione nobile e produttiva come il federalismo, perseguita all’insegna del ricatto imposto dagli interessi di bottega degli ex padroncini rampanti.. Dicono che Bossi “Tasta il polso alla sua gente”: perché Bondi (che se ne intende) non suggerisce la riedizione del ministero della Cultura popolare, da affidare al Padano di bassa Lega? Dicono che Bossi è un “animale politico”: bene, da Ministro del MinCul Pop potrà dedicarsi, come Mussolini, a valorizzare gli aggettivi e a ridimensionare i sostantivi. Almeno per quanto lo riguarda.