Prosegue la fuga verso l’estero

LAVORO. La situazione in Umbria, in particolare per quanto riguarda i giovani

Giovani-e-lavoroIn famiglia, quando i soldi non bastano, di solito sono genitori e nonni a fare i maggiori sacrifici per amore dei figli. In Italia in questi anni di crisi economica, con disoccupazione e povertà in crescita, i sacrifici li hanno dovuti fare un po’ tutti, ma i più penalizzati sono stati proprio i giovani. Per loro è più difficile trovare un lavoro, e comunque si devono accontentare di posti precari e stipendi più bassi.

Così, sono sempre di più quelli che fuggono dall’Italia (tra il 2007 e il 2011 sono andati a cercare la fortuna all’estero più di un milione di giovani tra 25 e 34 anni, soprattutto laureati) o che invece hanno rinunciato a qualsiasi progetto per il loro futuro.

Questi ultimi sono i cosiddetti “Neet”, disoccupati tra 15 e 29 anni che non studiano più e non partecipano ad attività formative finalizzate alla ricerca di occupazione. Solo in Umbria, secondo l’ultimo rapporto dell’Ires Cgil, sarebbero circa 29.000. Dunque, sono stati e sono i più giovani a pagare maggiormente per questa crisi che dopo l’“anno nero” del 2014 sembra allentarsi.

Su alcuni interessanti segnali di ripresa concordano infatti studi e indagini di vari istituti e centri di ricerca. Per quanto riguarda l’Umbria, oltre al citato rapporto Ires Cgil, la scorsa settimana è stato presentato anche quello della Banca d’Italia, secondo il quale la nostra regione comincia a uscire, anche se lentamente, dalla recessione. Il direttore della filiale di Perugia, Marco Ambrogi, ha parlato di “luci e ombre”, invitando alla cautela perché – ha detto – “anche se le prospettive per uscire dalla crisi sono buone, bisogna essere molto cauti in quanto siamo ancora in sofferenza”. Anche nel rapporto della Cgil si parla di “fase di assestamento nell’ambito di un contesto ciclico ancora non esente da criticità, che possono rallentare il cammino verso la normalizzazione”.

Dal 2008 si sono persi in Umbria 20.000 posti di lavoro, ma a preoccupare di più – secondo lo studio Cgil – sono proprio i dati sulla disoccupazione giovanile che nel 2014 è salita al 42,5%. Anche nel rapporto della Banca d’ Italia si dice che sono aumentate le difficoltà per i giovani, i quali “hanno accresciuto la propria propensione a trasferirsi al di fuori della regione, in particolare verso l’estero”. In media ogni anno lasciano l’Umbria 18 giovani su mille di età compresa tra i 25 e i 34 anni. La maggior parte di loro, con un titolo di studio elevato, va a cercare un futuro all’estero.

In quattro anni se ne sono andati dall’Umbria 13.436, dei quali 9.000 residenti in provincia di Perugia. In Umbria per loro il lavoro non c’era. Le statistiche dicono infatti che tra il 2008 e il 2014 il numero degli occupati nella fascia di età 15-34 anni è crollato del 32%. Dicono anche che questi occupati più giovani (con meno di 24 anni) nelle aziende private, nello stesso periodo, hanno visto calare il numero delle settimane lavorate (-12%). E così sono stati pagati anche di meno, e in media nel periodo 2009-2013 hanno portato a casa uno stipendio annuale ridotto di quasi il 15%.

Umbria/Economia. I dati della Banca d’Italia

Ripartire da turismo e cultura

“Nel 2014 l’attività economica in Umbria si è ulteriormente contratta, seppure in misura meno intensa rispetto al biennio precedente. Secondo le stime disponibili, il Prodotto regionale è diminuito in termini reali dello 0,4%. Nei primi mesi dell’anno in corso le aspettative delle imprese sono migliorate, delineando uno scenario di moderata ripresa”. È quanto si legge nell’ultima indagine della Banca d’Italia sulle imprese dell’industria e dei servizi, secondo la quale nel 2015 “per la prima volta dall’avvio della crisi, si è registrata una prevalenza di giudizi ottimistici anche tra le aziende più dipendenti dal mercato interno”.

Le conseguenze della crisi sono però ancora pesanti, anche perché in Umbria i numeri della recessione sono peggiori della media italiana. Dal 2007 il Prodotto interno lordo è calato del 10% e anche i redditi familiari si sono ridotti mediamente dell’8,4%. Così sono calati anche i consumi interni, con una spesa media delle famiglie tagliata del 14,7% (9,5 il dato nazionale). Nello stesso periodo è quintuplicata la quota di popolazione a rischio di povertà assoluta, passando dal 2,2 del 2007 al 10,4%. Adesso però la risalita sembra cominciata grazie anche – ha detto il direttore della filiale di Perugia Marco Ambrogi – a un “contesto esterno più positivo” con tassi bancari e il prezzo del petrolio particolarmente favorevole.

Vanno bene in Umbria le industrie agroalimentari, quelle del tessile e abbigliamento e della meccanica, che contribuiscono alla crescita dell’export. Congiuntura ancora sfavorevole invece per la metallurgia, con la crisi non risolta delle Acciaierie di Terni, e per l’edilizia, che dall’inizio della crisi ha perso un terzo degli occupati. Bene il turismo di fascia medio-alta, ma sono sopratutto gli alberghi a 4 stelle e oltre a non avere risentito della crisi, che evidentemente ha risparmiato i più ricchi. Per il 2015 si prevede un aumento del fatturato del settore di circa il 20%.

La cultura può essere la grande opportunità dell’Umbria, con la sua fitta rete di musei e beni culturali: 175 le strutture aperte al pubblico. “Il contributo del comparto culturale all’economia regionale – rileva l’indagine – risulta tuttavia ancora modesto, risentendo in particolare della dispersione territoriale dei pur numerosi siti presenti e della ridotta dimensione degli operatori”. L’incasso annuale medio dei biglietti venduti nei 175 siti umbri è di 32.000 euro, mentre la media nazionale è di 78.000. Secondo la Banca d’Italia, dunque, i nostri beni culturali sono anche un’importante risorsa economica, che però avrebbe bisogno di una gestione più organizzata e professionale.

Buona sanità, tasse locali basse

Nel rapporto della Banca d’Italia si parla anche della sanità pubblica e delle tasse locali. “La qualità del servizio ospedaliero umbro, misurata tramite gli indicatori di esito delle prestazioni, risulta migliore della media”, anche se “tra il 2010 e il 2013 i tempi medi di attesa per i ricoveri ordinari sono cresciuti di 2 giorni, allineandosi al dato nazionale (47 giorni)”. Cresce inoltre il numero di pazienti di altre regioni che vengono a curarsi negli ospedali dell’Umbria. Per quanto riguarda le tasse, “il prelievo fiscale locale per la ‘famiglia tipo’ umbra è inferiore alla media italiana del 16% ed è aumentato meno che nel resto del Paese”.

 

AUTORE: Enzo Ferrini