Abbiamo chiesto un’analisi della situazione bancaria locale a Gianfranco Cavazzoni, dopo che il dissesto finanziario della Parmalat ha privato migliaia di risparmiatori del loro denaro

Banche: a quali condizioni ci si può fidare

“Dopo le ultime vicende economiche che hanno coinvolto molte famiglie italiane bisogna adoperarsi per restituire ai cittadini la fiducia nelle banche”. È l’opinione dell’economista, Gianfranco Cavazzoni, docente di Discipline giuridiche e aziendali all’Università di Perugia, al quale abbiamo chiesto un’analisi della situazione bancaria locale dopo che il dissesto finanziario della Parmalat ha privato migliaia di risparmiatori del loro denaro. “Ridare fiducia ai risparmiatori significa anche metterli nelle condizioni di investire i propri soldi, non solo in titoli di Stato, ma anche in quelli emessi dalle imprese. Non si può più negare – ha annotato Cavazzoni – che l’economia italiana è portata avanti anche dalle attività private, di conseguenza, il risparmiatore dovrà ricominciare ad investire in questo settore. Ma prima dovrà saperne e ricominciare a credere nell’economia delle imprese e nelle banche”. Il risparmiatore si sente tradito. E’ così? Cosa è successo alle banche? “Il processo parte da lontano: quando è stata istituita la Banca centrale europea sono cambiate le regole. In realtà il nuovo istituto è nato con lo scopo di tenere sotto controllo l’inflazione e regolare i mercati finanziari. Tutto ciò è avvenuto. Con l’ingresso dell’euro l’inflazione è stata tenuta sotto controllo però sono scesi i tassi e le banche si sono trovate in difficoltà nel fare i conti economici. Con le vecchie regole i tassi erano manovrabili, ora invece quando le banche comprano e vendono denaro la differenza tra tassi attivi e passivi si è ristretta e guadagnano sempre di meno. Le banche quindi, hanno fatto leva sull’intermediazione dei titoli che producono guadagno tramite le commissioni e le provvigioni. In pratica, hanno iniziato a far quadrare il bilancio, puntando oltre che sulla riorganizzazione interna, anche sulle commissioni”. E poi cosa è successo? Sono mancati i controlli sui titoli che hanno messo in vendita e sulla solidità economica delle società che li hanno emessi? “Andare in banca è come andare in farmacia, quando il cittadino presenta la ricetta è passivo perché a monte c’è stato il controllo del medico che ha effettuato la diagnosi e del farmacista che conosce il farmaco prescritto. Se le banche, oltre ai titoli di Stato, vogliono continuare a vendere altri prodotti dovranno attribuire credibilità anche ai titoli emanati dalle società private. E’ indispensabile informare il risparmiatore che il bond non è come un Bot o un Cct e che il rischio è più elevato. Ma anche il risparmiatore deve essere più attento, oggi non si può delegare ad altri la fase del controllo”. Qualche consiglio? “Il più semplice intanto è fare la spunta sul conto corrente, lo fa solo il 3 per cento degli italiani. Poi informarsi sui costi delle banche e delle operazioni. Non siamo educati a saper gestire il nostro risparmio. Il mondo dell’economia è cambiato, il sistema bancario sarà sempre di più finanziato dalle imprese ed i primi controllori dei nostri soldi dovremo essere noi. L’attività del risparmio non è facile da esercitare, gli italiani sono bravi in questo settore, ma non lo sono altrettanto in quello dei controlli. Dobbiamo essere più attenti perché risparmiare, soprattutto oggi, significa per la maggior parte di noi, fare grandi rinunce”. Le vicende Parmalat e Cirio e ancora prima quella che ha interessato i bond argentini sarebbero avvenute lo stesso con una presenza più forte delle banche sul territorio? “Il localismo delle banche oggi è vissuto in modo diverso. In realtà i vertici sono tutti fuori però a livello locale ogni direttore di filiale ha la sua libertà, di conseguenza il localismo viene rispettato. Con questo temine intendo una presenza forte sul territorio, una vicinanza alle esigenze delle persone che lavorano e vivono sul posto. Solo in quest’ottica ha ancora senso parlare di localismo”.

AUTORE: Ida Gentile