Nell’ultimo numero del nostro periodico il Direttore ha voluto attribuire alla luce sghemba di questa crepuscolare abat jour il compito di illuminarne addirittura la prima pagina. Una tantum, spero. Perché i watt che riesce a produrre questa pallente rubrichetta, cervellotico/pallosetta, bastano appena per rischiarare un angolino appartato. Che poi qualcuno possa ripartire dalla penombra di quell’angolino per rilanciare qualcuna delle sue flebili intuizioni là dove trionfano le lampade alogene, questo è un altro conto. L’emarginazione dei disabili, ad esempio, alla quale sette giorni or sono si accennava, è un tema che merita di collocarsi’ ovunque, almeno quando si tenta di leggere la vita con le categorie del Vangelo. Nella cultura vincente della nostra società multiculturale non è affatto occasionale che chi soffre di un qualche deficit fisico o psichico venga emarginato. In Occidente accade puntualmente. Niente di occasionale. Solo teoricamente potrebbe non accadere. Nella cultura che scorazza per l’Europa da tre secoli e anche anche, che chi fa fatica venga messo da parte era ed è inevitabile. Non è un caso che chi non regge il passo venga spinto ai margini della vita. Non è affatto un caso. Lo seppi quando, 34 anni fa, quando, sobillato da una terza pagina de Il Corriere della Sera, mi recai per la prima volta a Capodarco, un paesino che, all’inizio della Provincia di Ascoli Piceno, per chi scende verso sud, si affaccia sul mare, lungo la strada che da Porto S. Giorgio sale verso Fermo. A Capodarco incontrai per la prima volta un centinaio di handicappati, tutti insieme. Le emozioni che quell’incontro suscitò in me furono talmente tante e talmente forti da spingermi a scegliere quello come mio ambito di vita, senza più speranza di uscire da quel cono di luce forte. Soprattutto perché quegli handicappati non parlavano di handicap, ma di emarginazione. L’handicap è e rimane quello che è: ci sei nato, o t’è capitato tra capo e collo nel corso della vita, l’handicap è e rimane quello che è, nella sua paurosa casualità. La riabilitazione sposta i termini del problema, non ne annulla la paurosa casualità. L’emarginazione no, nessun medico ci ha prescritto di mettere da parte chi non corre come noi. Eppure handicap ed emarginazione vanno sempre in giro in coppia. Ricordate, voi che avete i capelli bianchi come i miei, Ulisse e l’ombra, la coppia di un celebre carosello d’antan? Sempre insieme. Niente di occasionale. Ulisse e l’ombra. E questo deve davvero farci pensare, e indurci al tentativo di sporgere la testa al di sopra e al di là della barriera di sbarramento dei principi proclamati, che è la migliore delle difese per occultare il sottobosco dei principi disattesi o vanificati.