La benedizione del fuoco e le sette lampade simboleggianti i doni dello Spirito, portate all’altare dai religiosi e religiosi delle famiglie presenti in diocesi: un segno di comunione nella Veglia di Pentecoste, che ha unito in un incontro di partecipata preghiera i gruppi, associazioni e movimenti della diocesi.
“La Pentecoste – ha detto il vescovo Piemontese – è il compimento della nostra esperienza del Signore risorto, che ci accompagna nella missione e nella testimonianza in tutta la nostra vita.
È la realtà della Chiesa arricchita di doni e carismi vari, che ammiriamo nei volti dei nostri fratelli, ognuno dei quali, diverso dagli altri, manifesta un aspetto particolare dello Spirito santo.
In questa Veglia siamo invitati a compiere questa esperienza nella nostra Chiesa particolare che, come quella universale, è comunione e missione.
Espressioni che identificano la nostra realtà, che vogliono essere la prospettiva nella quale intendiamo muoverci come Chiesa, riprendere il nostro cammino, intensificando la comunione tra carismi diversi, tra doni: della vita consacrata, gruppi, movimenti, associazioni, particolari cammini di spiritualità, tutti verso il Signore per abbracciare il Signore ispirati, illuminati e accompagnati dallo Spirito santo. E tutti pronti per la missione di annunciare il Vangelo ai nostri giorni e alle nostre comunità”.
La Veglia ha unito le diverse realtà ecclesiali che hanno simbolicamente appeso a un albero spoglio le “foglie” dei loro carismi per dare linfa nuova alla Chiesa, nella quale essenziale è l’apporto dei laici. “Nelle scelte pastorali – per citare Papa Francesco – la sensibilità ecclesiale (che è appropriarsi degli stessi sentimenti di Cristo: di umiltà, compassione, misericordia, concretezza, saggezza) si esplica nel rinforzare l’indispensabile ruolo dei laici disposti ad assumersi le responsabilità che a loro competono. Laici che non dovrebbero avere bisogno del vescovo-pilota o di input clericali per assumersi le loro responsabilità come battezzati”.
Nella Veglia si è pregato anche per i cristiani perseguitati perché – ha concluso il Vescovo – con l’aiuto dello Spirito “vivano la testimonianza senza la paura costante di essere uccisi”; perché lo Spirito “converta il cuore di tanti persecutori; perché ispiri nella Chiesa carismi generosi che si dedichino a costruire la comunione che impegnino nella missione. Perché tutti possiamo essere felici di essere cristiani”.