Piccoli comuni a rischio di chiusura? No problem (o quasi). Basta unirsi

NUOVA LEGGE REGIONALE SULL'ASSOCIAZIONE TRA COMUNI E SULLE COMUNITÈ MONTANE

Sarà possibile l’unione e la fusione dei piccoli comuni umbri. Nella regione, ricca e orgogliosa delle proprie municipalità, le difficoltà di gestione finanziaria potranno consentire qualche cambiamento. Forse, tra qualche anno, i Comuni dell’Umbria non saranno più gli attuali 92. Il Consiglio regionale, con 15 voti favorevoli espressi dalla maggioranza ed 8 contrari di An, Fi e Udc, ha approvato la legge che regola le forme associative dei comuni, ridefinendo anche le funzioni delle nove comunità montane. La legge ripartisce il territorio umbro in nove zone omogenee, fissa i criteri per la concessione da parte della Regione dei contributi annuali e straordinari a sostegno delle fusioni delle unioni di comuni, delle comunità montane e delle associazioni intercomunali. Vengono poi disciplinate le modalità di partecipazione dei comuni alla formulazione del programma del riordino territoriale e vengono determinate norme per la semplificazione dei livelli istituzionali sovracomunali. ‘Si avvia in Umbria un processo democratico e volontario, ha detto l’assessore al bilancio Vincenzo Riommi, ‘con i comuni protagonisti: liberi di scegliere se associarsi o fare riferimento ad una comunità montana, e con il preciso obiettivo di affrontare la sfida della riorganizzazione istituzionale, decisiva per una piccola regione come l’Umbria’. Riommi ha parlato di ‘pari opportunità offerta a tutto il territorio umbro’ ma ha osservato che ‘è difficile in questa realtà cooperare alla pari fra grandi città e piccole comunità che spesso contano poche centinaia di abitanti’. Critica l’opposizione sul provvedimento approvato. In particolare il relatore di minoranza, Andrea Lignani Marchesani, ha detto che la legge, voluta dalla Giunta, è di fatto una ‘sanatoria di quanto è avvenuto negli ultimi anni in Umbria con la riproposizione delle comunità montane e della gestione politica fatta di questi enti’. Lignani Marchesani ha citato quanto avvenne nella Comunità del Monte Subasio, allorché per evitare un ribaltone politico a seguito delle elezioni nel Comune di Valtopina, si decise di allargare il territorio di competenza di quell’ente montano ai comuni non montani di Bastia Umbra e Torgiano. Fiammetta Modena (Fi) ha rilevato ‘la volontà specifica della Regione di calare dall’alto un potere già in parte consolidato, piuttosto che favorire l’organizzazione e la libera scelta dei comuni dal basso’. Nel presentare il disegno di legge il relatore Costantino Pacioni (Ds) ha evidenziato la centralità che potranno avere le comunità montane in questo nuovo processo di decentramento con una valorizzazione specifica dei piccoli comuni che solo così potranno valorizzare il proprio ruolo. Ada Spadoni Urbani (Fi) ha invece definito la legge ‘un esempio di follia istituzionale e di confusione che limita l’autonomia dei comuni e non lascia spazi garantiti alla libera determinazione degli stessi’. Il riconoscimento del ‘ruolo centrale’ delle comunità montane in Umbria è – secondo il capogruppo del Prc, Stefano Vinti – uno degli aspetti positivi della legge, da lui ‘criticata in alcuni aspetti’, tra i quali la mancata individuazione delle funzioni amministrative che la Regione intende trasferire al sistema delle autonomie ed, in primo luogo, ai comuni. Cosa prevede la Legge per i comuni che scelgono di unirsiIl testo unico sugli enti locali del 2000 già disciplinava le unioni e le fusioni tra i comuni e definiva la Comunità montana come un’unione tra comuni. La legge regionale approvata dal Consiglio regionale dell’Umbria non cambia la situazione. Non si tratta di una novità in senso assoluto, altre regioni hanno da qualche tempo regolamentato la materia, con risultati contrastanti. In sostanza viene recepita la legge nazionale 765 e sono previste forme di incentivazione finanziaria, soprattutto per i comuni più piccoli. L’obiettivo rimane praticamente quello di rendere più efficienti i comuni piccoli, maggioritari in Italia e in Umbria. Quando si parla di unione dei comuni si intende la decisione da parte dei due consigli comunali di unificare alcuni servizi (come, per fare un esempio, i vigili urbani, l’ufficio urbanistica o dei lavori pubblici. Con l’unione il comune mantiene il suo nome e la sua autonomia. Altra cosa è la fusione che vuol dire la nascita di un solo ente da due soggetti diversi. Ma la fusione mal si concilia con il particolarismo umbro. E’ più semplice e più produttivo, cioè più economico, unire i servizi. Una decisione del genere ‘ nel rispetto di alcuni parametri ‘ determina l’erogazione di contributi, ora anche regionali. In Umbria già sono nate iniziative in questo senso ma con il freno a mano tirato, probabilmente per il timore di perdere il consenso o il potere di distribuzione di prebende. L’unificazione dei servizi è avvenuta marginalmente quando invece poteva essere una strada da percorrere. Perché diminuisce costantemente il trasferimento statale verso i comuni ‘ tutti gli amministratori se ne sono lamentati in sede di redazione di bilancio ‘ e diventa difficile aumentare alcuni contributi locali, come l’Ici, perché già incidono in modo consistente sulle tasche dei cittadini. La legge regionale disciplina le competenze delle nove comunità montane umbre, definite unioni di comuni. E quindi alle comunità montane, nate per favorire il rilancio delle zone spopolate e contribuire al loro rilancio e sviluppo, è possibile affidare servizi da parte degli stessi comuni. Sarà importante evitare un po’ di confusione e i segretari comunali – le figure professionali che per prime hanno provato cosa significhi l’unificazione dei servizi tra i comuni – dovranno stare molto attenti nella definizione delle convenzioni tra gli enti (Tra comuni e con le comunità montane) per regolare in modo chiaro anche le responsabilità dei procedimenti. Nella direzione di una semplificazione degli atti e non di un pretesto per nuovi conflitti.

AUTORE: Romano Carloni