Quando arriva un comunicato stampa tra le centinaia che le agenzie sfornano ogni giorno che porta il titolo ‘Il cielo stellato è un bene da tutelare’, nessuno, credo, rimanga insensibile ed è spontaneamente portato a guardare in alto. A chi ha delle reminiscenze di studi dopo le prime parole ‘il cielo stellato’ viene spontaneo seguitare ‘sopra di me e la legge morale dentro di me’, la famosa espressione che Emanuele Kant volle scolpita sulla sua tomba e che, nel suo pensiero, significava che queste due realtà sono sufficienti a reclamare l’esistenza di Dio. In questo caso invece si va verso un interesse naturalistico non privo di fondamento e anche non esente dall’evocare tristi scenari di disordine cosmico. Stiamo rovinando persino il cielo. E’ proprio così e lo sapevamo pure, ma ci siamo abituati, assuefatti. Anche perché chi ha il tempo di guardare in alto? Ed anche se uno volesse fa fatica a riconoscere una qualche stella o una costellazione. Quando eravamo giovani ci divertivamo a scoprire la stella Polare, il T di Teresa e la Via Lattea. Ora è quasi impossibile dalle finestre e terrazze cittadine. Gli astronomi si tutelano cercando luoghi isolati lontani dalle città, o usando strumenti che vanno al di là del cielo che si vede ad occhio nudo. Ma l’uomo e la donna comuni che per secoli e millenni hanno trasalito contemplando tutte le variazioni del cielo nelle sue sempre nuove colorazioni e conformazioni di giorno e di notte sono privati di questa esperienza e del fascino mentale ed emotivo che essa suscita nell’io profondo. Onore, pertanto, a chi si prende cura del cielo perché non sia inquinato dalla illuminazione eccessiva ed inutile, e si preoccupa di tutelarlo contro l’assalto di luci artificiali sempre più potenti. Nell’Ottocento, quando incominciarono ad essere illuminate le città con lampade a gas ci furono degli ecclesiastici che si opposero in nome del rispetto della natura e dei suoi ritmi, secondo l’idea che il giorno era fatto per uscire e lavorare e la notte per stare in casa e riposare e per la preoccupazione che le città illuminate avrebbero incentivato la delinquenza e la corruzione permettendo agli uomini (i maschi) di uscire fuori di casa. Ritenevano inoltre che per vivere bene fossero sufficienti i due ‘lunimari’ creati da Dio secondo la Bibbia, il luminare maius per il giorno e il luminare minus per la notte, il sole e la luna, e per abbellimento complementare le stelle. Nella casa sarebbe stato sufficiente il fuoco e i lumi dalla fiamma viva. Era un altro mondo, arcaico, ingenuo, prescientifico, che è stato spazzato via dal progresso. Ora però siamo diventati schiavi e vittime di un progresso che va oltre l’umano e che l’uomo non riesce a controllare. A tutela del cielo notturno è nata un’associazione chiamata ‘Cielo buio’ che ha proposto di fare una legge che limiti l’inquinamento luminoso stabilendo norme e parametri e c’è chi ha proposto che la volta celeste sia dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità e bene ambientale. Insomma si va riscoprendo il valore del cielo. Purtroppo l’inquinamento luminoso non è l’unico e, rimanendo nell’ambiente atmosferico, c’è da rifettere sull’inquinamento dell’aria che non toglie solo la visibilità delle stelle agli occhi di chi vuol contemplare e sognare, ma il respiro ai polmoni di chi vuol semplicemente vivere. A conclusione di questa informazione e riflessione non sarei sincero se non dicessi che ogni volta che si nomina il cielo mi viene in mente, come a milioni (miliardi) di persone sparse per il globo, il ‘Padre nostro che è nei cieli’. Questi ‘cieli’ non sono soggetti direttamente all’inquinamento luminoso, ma forse rischiano di rimanere confinati in una remota zona del pensiero.
Una legge per il cielo
AUTORE:
Elio Bromuri