Agiamo per fermare la tratta di persone

La Pontificia accademia delle scienze sociali propone misure concrete contro il fenomeno

prostituzione-controllo-carabinieri“Tratta degli esseri umani: al di là della criminalizzazione”. Dopo quattro giorni di lavori si è chiusa martedì la 21a sessione plenaria della Pontificia accademia delle scienze sociali. In conferenza stampa, la presidente dell’istituzione vaticana, Margaret Archer, e alcuni membri hanno presentato il risultato del confronto tra studiosi, docenti universitari e funzionari di organizzazioni governative.

“Essere utili, non accessori o creativi, nel contrastare il fenomeno della tratta. Questo stiamo facendo”, ha affermato la Archer spiegando quindi le modalità d’azione: i contatti presi con la polizia, con i giovani e con i leader religiosi, con l’obiettivo di “unire tutti e far riconoscere il traffico come delitto morale e criminale”. I punti chiave su cui si è lavorato in questi giorni sono stati le modalità di protezione delle vittime – che prevede la distinzione tra immigrato illegale e persona schiavizzata, perché possano denunciare – e le strade per ridurre la domanda.

Si intende arrivare a inserire l’eliminazione, o almeno la riduzione, del traffico delle persone e ciò che ne consegue (lavoro forzato, prostituzione, traffico di organi, schiavitù domestica) tra gli Obiettivi del millennio per i prossimi 15 anni: “Ne parleremo con il Segretario dell’Onu il prossimo 28 aprile, quando sarà qui in Vaticano”.

“Il 70% delle persone trafficate sono di genere femminile, donne e bambine, mentre il 71% dei trafficanti sono uomini” – ha sottolineato l’economista Stefano Zamagni, membro dell’Accademia. – Oggi oggetto di tratta non è soltanto lo sfruttamento sessuale, la prostituzione: le donne sono vittime della tratta anche per essere state avviate al lavoro forzato, è questa la novità”. Perché si facciano progressi in materia di tratta e schiavitù, ha aggiunto Zamagni, è necessario sgombrare il campo da alcuni luoghi comuni, prendendo coscienza del fatto che il fenomeno si evolve in continuazione; che non va sottovalutato il ruolo della “domanda”, superiore a quello dell’offerta; e che va contrastato l’individualismo libertario che si sta diffondendo, ossia la mentalità “secondo cui, se uno sceglie di fare qualcosa, bisogna lasciarlo fare”. Da qui una serie di suggerimenti. Anzitutto, andrà potenziato il ruolo di denuncia della società civile e delle organizzazioni: “Si tratta – ha continuato Zamagni – di dotare queste organizzazioni (che al momento non hanno nessun riconoscimento ufficiale in sede Nazioni Unite) del potere di indicare e di praticare forme di protesta civile che si esprimono con il portafoglio. Cioè a dire: io non compro, non accetto di entrare in relazione di affari, pur legalmente possibili, se vengo a sapere che dietro ci sono fenomeni di sfruttamento e di schiavitù”. Altrettanto importante è insistere perché sia accettato a livello giuridico il concetto di tratta come “crimine contro l’umanità”. Inoltre, si sollecita la creazione di un’Autorità mondiale che faccia applicare i protocolli. Un’autorità “sul modello dell’Organizzazione mondiale del commercio, che sia in grado di far applicare i protocolli” in materia di traffico degli esseri umani, nelle sue varie forme che vanno dalla prostituzione al lavoro forzato, alla compravendita di organi. “Il Protocollo di Palermo – ha fatto notare – è stato sottoscritto dal 90% dei Paesi, ma nessuno di essi lo ha ratificato”. Il prof. Pierpaolo Donati, anch’egli membro della Pontificia accademia delle scienze sociali, ha evidenziato che è la riduzione della domanda la chiave di volta. Questi alcuni dei suggerimenti avanzati: “Rendere non profittevole il lavoro non protetto o addirittura la prostituzione, soprattutto modificando il lato della domanda, del consumatore. Quindi, modificare le preferenze nei clienti, nei consumatori, chi usa le persone ‘trafficate’ boicottando i prodotti delle imprese che producono questo tipo di beni, chiedendo che venga messa sui prodotti una targhetta che indichi che quel prodotto non è stato realizzato con il lavoro forzato o in altro modo vietato dalla legislazione”. E poi, “incoraggiare la donazione degli organi, e in questo la Chiesa può avere un ruolo: proibire la vendita di organi, fare educazione civica nelle scuole. E poi ancora, connettere tra loro le associazioni che sensibilizzano l’opinione pubblica”.