Non perdere l’autentico spirito della tradizione che ha dato origine ai Ceri

Solenne pontificale celebrato in onore del Patrono di Gubbio sant'Ubaldo

Un lungo applauso finale ha sottolineato l’apprezzamento e l’incisività dell’omelia pronunciata dal vescovo mons. Bottaccioli durante il solenne pontificale celebrato in cattedrale in onore del Patrono sant’Ubaldo. Richiami al rispetto della vera tradizione e riferimento al futuro della diocesi: questi i temi affrontati dal Presule nel giorno che coincide, tra l’altro, con il XIV anniversario del suo avvento sulla cattedra del Patrono. Una specie, ma non tanto considerato l’accenno preciso, di ultime raccomandazioni con riflessioni sulla massima manifestazione folkloristica eugubina ed accenni, seppur indiretti, agli scenari futuri della diocesi stessa. Mons. Bottaccioli, in linea con le disposizioni della Santa Sede, il 15 febbraio scorso, al compimento dei settantacinque anni, ha infatti rassegnato le dimissioni operando da allora in quella che la società civile chiama “prorogatio”. Gli interventi di questi giorni, quindi, appaiono un vero e proprio “testamento spirituale” dettato spesso a braccio ed a tratti con la voce venata dalla commozione. Mons. Bottaccioli aveva impostato la sua omelia in duomo richiamando quella svolta da sant’Ubaldo nella Pasqua del 1160 che, come racconta il suo amico biografo Giordano, “quel giorno parlò della vita eterna”. “Il pericolo incombente – ha sottolineato il Vescovo – è la diffusa indifferenza religiosa che oscurando nelle coscienze la dimensione trascendente dell’Eterno, spegne nei cuori la suprema speranza, illudendosi di riempirlo con cose che non lo possono riempire perché più piccole di lui”. La conseguenza è la “disperazione atroce di una società sedotta dagli idoli temporali, in cui muore soffocato il cuore avido di eternità, teso alla ricerca sincera e talvolta sofferta del volto autentico di Dio”. Il Presule ha quindi aggiunto: “Carissimi fratelli e sorelle, non permettete che anche la Festa di sant’Ubaldo sia travolta nel suo autentico significato da questo clima; che la bella festa dei Ceri in suo onore non perda il suo profondo significato di vigilia, cioè di veglia nell’ attesa di incontrarlo ancora, di coglierne gli insegnamenti e l’esempio di fede e di fraternità”. In caso contrario, ha sottolineato senza mezzi termini, si aumenterebbe soltanto il protagonismo individuale ed il valore promozionale, violando però “la tradizione con la lettera maiuscola, cioè la trasmissione dei valori che si legano alle onoranze del Patrono”. Accennando alle dimissioni presentate, con una conclusione proposta quale “testamento spirituale che vi lascio” ha aggiunto: “la tradizione da difendere e conservare è la fedeltà all’insegnamento del Patrono, se vogliamo essere spiritualmente suoi eredi”. Il riferimento al “testamento spirituale” legittima diverse interpretazioni, comprese quelle di una nomina ormai prossima, anche se il Vescovo ha escluso prospettive e notizie sicure circa la sua sostituzione. Una cosa è certa: voci insistenti darebbero per scontata la nomina di un successore, confermando la sopravvivenza di una diocesi che, come quella eugubina, ha una lunga tradizione (le prime notizie documentate risalgono al 416 ed al vescovo Decenzio). “Continuo a lavorare con il consueto impegno e con grande serenità, anche se prima o poi una qualche decisione verrà adottata”. Per il suo futuro invece ha già le idee chiare: abiterà presso la “casa del clero” nel Seminario diocesano, mettendosi a disposizione della chiesa locale e delle sue esigenze. “Tornerò a fare il vice parroco”, ha detto sorridendo.

AUTORE: G.B.