Siamo lieti di rispondere alla richiesta fattaci da La Voce di commentare e riflettere assieme sui Vangeli del periodo post-pasquale, dove prevale la narrazione delle manifestazioni di Gesù risorto tra i suoi, con le molteplici sfumature e conseguenze di una Presenza destinata a tutti i suoi seguaci nel tempo storico che ci è dato, nella concretezza della vita quotidiana, come egli sottolinea ripetutamente e con forza quando viene tra gli apostoli. “‘Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho’. Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: ‘Avete qui qualche cosa da mangiare?”’.
Il Vangelo di questa domenica ci narra ancora una volta i fatti della risurrezione. L’insistenza non è casuale: la Chiesa continua a ricordarci il modo in cui Gesù incontra nuovamente i discepoli dopo essere risorto. Le frequenti manifestazioni di Gesù hanno lo scopo di far comprendere ai discepoli che egli è veramente risorto e che il suo è un corpo reale, in carne e ossa. Non è sufficiente credere che Gesù è “vivo” ma anche che egli è anche “risorto”. Colpisce la distanza che appare tra i discepoli e Gesù all’inizio di ogni manifestazione. L’evangelista sembra però indicare una via per superare questa distanza; una via non teorica e astratta ma molto concreta. Potremmo chiamarla la via dell’incontro con i segni più significativi dell’amore di Gesù: le sue ferite, il mangiare insieme.
Gesù per vincere i dubbi dei discepoli, dice loro: “Guardate le mie mani i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate… Avete qualcosa da mangiare?”. Sì, vedere, toccare, mangiare insieme. Questi sono i verbi della risurrezione. La vittoria sulla nostra incredulità inizia da quest’incontro affettuoso con il corpo ancora ferito di Gesù, e dal suo spezzare il pane e preparare il convivio. Visto con gli occhi di una famiglia, questo Gesù usa i gesti della intimità, della tenerezza. Alle spiegazioni, ai discorsi preferisce i gesti domestici della relazione intima. Un periodo, quello che segue la risurrezione, molto particolare. Gesù si manifesta ripetutamente ai suoi che ogni volta faticano a riconoscerlo, a ritrovare quel rapporto e quella familiarità che avevano avuta con lui. Ma Gesù sa che il rapporto ora è diverso.
Ora non deve annunciare la Parola, non deve fare miracoli, non deve preparare i suoi allo scandalo della croce, deve solo rendere i discepoli consapevoli della sua nuova presenza, da Risorto, in un rapporto anch’esso tutto nuovo, finalizzato alla testimonianza e alla edificazione della Chiesa. Questa nuova presenza di Gesù tra i suoi è sconvolgente e inedita, destinata a generare quel popolo pasquale che è la Chiesa. Ma non basta che i suoi credano a lui, è necessario che entrino in rapporto con lui presente con le sue ferite e la sua carne, con la sua umanità. Gesù si preoccupa di far conoscere la ricchezza dell’esperienza umana del Risorto, per toccare con mano i frutti che genera nella umanità dei redenti. Gesù “aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture”. Già gran parte della giornata Gesù l’aveva passata spiegando le Scritture ai due discepoli di Emmaus, che se ne stavano tornando a casa tristi e rassegnati. Eppure essi conoscevano le pagine dell’Antico Testamento, e avevano anche più volte ascoltato la parola di Gesù. Ma fu necessario che i discepoli ascoltassero nuovamente il Vangelo e si lasciassero toccare il cuore. Una intelligenza della Parola con il cuore.
Le scritture illuminate da Gesù scaldano il cuore. Eccoci di fronte a un’altra novità portata dal Risorto in mezzo ai suoi: lui stesso spiega le Scritture che lo riguardano. Sarà quello il modo di conoscere la Parola tra i suoi, nella Chiesa in ogni tempo. Gesù con le sue manifestazioni costituisce i discepoli come suoi testimoni, li radica nell’esperienza di Lui risorto in mezzo a loro. La realtà di Gesù in mezzo ai suoi, c’è sempre stata nella Chiesa; la verità di Gesù in mezzo a quanti lo amano è la vita di Gesù in mezzo a loro. Affinché il Risorto splenda in noi e tra noi, dobbiamo amarlo crocifisso nelle molteplici ferite che incontriamo in noi e nei fratelli, ed essere sempre nell’amore. Quando il “comandamento nuovo” è in atto, siamo spinti ad accostarci all’eucaristia, la quale alimenta questa carità divina nel nostro cuore e ci trasforma in ciò di cui noi ci cibiamo, che è appunto Gesù risorto che ci porta a vivere l’unità con Dio e con i fratelli.