Giovedì 1’maggio l’arcivescovo, mons. Giuseppe Chiaretti ha celebrato la festa del lavoro presso la chiesetta di S. Angelo, nella Zona industriale di Ponte Felcino. L’occasione gli veniva fornita dalla Visita pastorale che si sta concludendo in questi giorni in questa Zona (IV Zona pastorale). E’ stato un momento molto bello di gioia e di aggregazione umana. La messa è stata preceduta da una introduzione fatta da Pasquale Caracciolo, direttore dell’Ufficio pastorale per i Problemi sociali e il Lavoro, la Giustizia e la Pace. Caracciolo ha ricordato i pricipi della Pacem in Terris (non si potrà avere pace senza la verità, la giustizia, l’amore e la libertà, che il Papa definisce i quattro “pilastri” della pace) di cui si celebra quest’anno il 40’anniversario. L’Arcivescovo ha presieduto la messa, a cui erano presenti anche vari parroci della Zona pastorale. L’omelia è stata molto interessante. Ha ricordato la Pacem in Terris ma anche il Papa Leone XIII e la sua enciclica Rerum Novarum, nata proprio nel suo ministero perugino e che ha avuto la sua “sperimentazione” nel territorio di Ponte Felcino dove stava sorgendo una delle prime “fabbriche” del nostro territorio, “Il Lanificio”. L’Arcivescovo ha sottolineato come non ci possa essere azienda veramente produttiva senza il rispetto dell’uomo e dei suoi valori e ha ricordato la domenica come spazio di libertà e di solidarietà. La cultura nata dal Vangelo può dire molto anche sul lavoro e sui suoi pricipi. Il tutto si è concluso con un momento conviviale. Alberto MeschiniLe parole dell’ArcivescovoNon poteva non prendere spunto da Gioacchino Pecci, il nostro Arcivescovo, parlando ai convenuti alla Celebrazione del 1 maggio. Così ha detto mons. Chiaretti, ricordando la dottrina di questo nostro vescovo e poi papa Leone XIII che, con la Rerum Novarum, “segnò il recupero, da parte del mondo del lavoro, di quella speranza eterna, la speranza del Regno di Dio, che sola può dare senso compiuto alle cose e allo stesso lavoro, e che sembrava scomparsa del tutto nelle prospettive di riscatto sociale di quegli anni”. “Non possiamo dire che tale recupero sia avvenuto in pienezza – ha detto ancora l’Arcivescovo – però la diffusione pressoché pacifica dei princìpi fondamentali della dottrina sociale cristiana allora identificati (la fondamentale e irrinunciabile dignità della persona umana, il bene comune, la libertà di aggregazione, la solidarietà, la sussidiarietà, la famiglia…) sta a dire che quell’insegnamento fu provvidenziale. Anzi, può esserlo anche oggi, con i necessari aggiornamenti”. Un richiamo all’impegno, quindi, alla serietà nel vivere la fede nel mondo dell’impresa “facendo passare il convincimento – ha proseguito mons. Chiaretti – che l’onestà, il rispetto delle regole, la correttezza dei comportamenti, la moralità delle scelte alla lunga pagano, e sono la migliore garanzia sia del successo come dello stesso utile economico. In altre parole: ci si guadagna di più, anche in termini economici, ad essere onesti anziché disonesti! Questo vale in ogni ambito: a livello di lavoro autonomo, di piccola impresa, di grande azienda. D’altra parte senza apertura disinteressata agli altri, senza giustizia, senza onestà, senza attenzione concreta a chi sta peggio di noi (singole persone, famiglie, popoli…), a ben poco varrebbero i migliori progetti sociali”.