“Nostri fratelli uccisi solo perché cristiani”

Un inarrestabile attacco si dipana sotto i nostri occhi, rivolto contro i cristiani e contro quanto di “cristiano”, sia pure “anonimo”, esiste nel mondo. Colpisce in profondità la coscienza cristiana vedere croci divelte dalla sommità di chiese e campanili, sostituite dalla mezzaluna che somiglia alla spada di Maometto. In modo analogo è colpita la coscienza di ogni persona quando osserva la distruzione irosa e violenta di opere d’arte, frutto del genio umano e di antiche culture. Ma ancor più dolorosa la constatazione di tanti cristiani sottoposti a violenze e persecuzioni di ogni genere. L’ultima che ha fatto notizia è stata l’uccisione di cristiani a Lahore in Pakistan, con 15 morti e un’ottantina di feriti provocati da attentatori talebani suicidi, avvenuta in due chiese, una cattolica e una anglicana. Per questa strage il Papa all’Angelus di domenica 15 marzo ha chiesto la fine delle violenze nel Paese asiatico e in tutti i Paesi in cui i “cristiani sono perseguitati, i nostri fratelli versano il sangue soltanto perché cristiani”.

Questo, che è uno dei più recenti fatti tragici, si pone in linea con tanti altri che sono accaduti precedentemente in tante parti del mondo. Per dare qualche cifra – anche in vista della Giornata dei missionari martiri di cui si farà memoria il 24 marzo – si calcola che nel 2014 siano stati 4.344 i cristiani uccisi e oltre mille le chiese attaccate, soprattutto in Iraq e Siria, a opera del cosiddetto Stato islamico, e in Nigeria a opera di Boko haram. Nel 2012 i morti erano stati 1.021, e l’anno dopo 2.123 (fonti: Osservatore Romano e la protestante Open Doors). Oltre ai danni alle persone vittime di violenza, questi fatti danneggiano la causa della fede e della religione, che vengono viste come motivi di conflitto. Ciò provoca in alcuni intellettuali e correnti di pensiero la denuncia dell’uso e della presenza della religione nella sfera pubblica. Su Repubblica del 9 marzo, Flores D’Arcais chiedeva perentoriamente la cancellazione del nome di Dio dalla sfera pubblica per rendere possibile una società laica e democratica. Il ricorso al nome di Dio sarebbe incompatibile con la democrazia. Questo autore aveva già scritto cose simili, ad esempio, nel suo libro sulla morale senza Dio, pertanto non c’è da meravigliarsi di quanto affermi oggi. Ma l’idea di una religione sepolta nel silenzio intimo della persona singola sta avanzando nella mentalità collettiva.

È indubbio che i credenti non debbano cadere in una specie di sindrome da assedio. Però l’assedio c’è, e si deve reagire non abbandonando i valori che la fede ci offre, né seguendo l’esempio di chi – come Nichi Vendola che si sposa con il suo partner e si esibisce su tutti i media – persegue la cultura gender e propone un’antropologia sganciata da ogni norma superiore. Ma, in armonia con Papa Francesco, occorre rispondere con la misericordia, la testimonianza fedele, l’annuncio missionario tenace e coraggioso. Il card. Bassetti suggerisce anche di domandarsi che cosa voglia dire Dio al Suo popolo attraverso queste vicende, e quale significato abbiano i “segni dei tempi”, di cui era attento osservatore Giorgio La Pira. Il Cardinale ammonisce evocando la mano “sinistra” di Dio in azione nel nostro tempo, insieme alla mano destra, quella benedicente. Una domanda che è anche un esame di coscienza per tutti. I cristiani sono chiamati non a fare “crociate”, non a fuggire, e neppure a sfuggire alle più imbarazzanti domande, ma a cercare luce nel Vangelo – “Convertiti e credi al vangelo!” – e nell’insegnamento della Chiesa. Indirizzando così la vita sulla via dello Spirito, eliminando dalla Chiesa e dalla società occidentale – ufficialmente costituita da una maggioranza di battezzati, divenuta invece cinica e confusa, rinnegando sempre più diffusamente le sue radici cristiane – la lebbra distruttiva della corruzione, che scandalizza e deprime la speranza degli umili e dei timorati di Dio. Appena finito di scrivere queste righe ci arriva la notizia della strage di almeno 24 persone morte in un attentato al museo di Tunisi.

AUTORE: Elio Bromuri

1 COMMENT

  1. Sì, in effetti, in nome del laicismo tanti non solo non vogliono ascoltare l’annunzio dell’Evangelo, e addirittura vogliono che noi non lo annunziamo. Mi vengono in mente le parole di Gesù il giorno della sua entrata a Gerusalemme, quandi i ben pensante vogliono far tacere gli “osanna” a Gesù “se costoro si tacciono, le pietre grideranno”. No, non possiamo tacere dice l’apostolo Paolo “necessità mi è imposta, guai a me se non annunzio l’Evangelo”.

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