La liturgia delle domeniche di Quaresima traccia un cammino preciso, un passo dietro l’altro fino al culmine dell’anno liturgico: il Triduo pasquale. Se scorressimo la prima lettura di ogni domenica, vedremmo come è stato via via affrontato il tema dell’Alleanza: quella dopo il Diluvio, poi Abramo, Mosè, l’alleanza al tempo dell’esilio, e ora la promessa dell’alleanza definitiva per bocca di Geremia. Anche i Vangeli ci guidano progressivamente: dal deserto al Tabor, fino a Gerusalemme dove il Vangelo di Giovanni ci mostra Gesù che profetizza sulla distruzione del Tempio, che parla con Nicodemo della salvezza e del giudizio del mondo, fino ad arrivare al Vangelo di questa quinta domenica, in cui ormai sta per iniziare l’ultima ora. Ascoltiamo questo Vangelo, tratto dal capitolo 12 del Vangelo di Giovanni, quando ancora ci risuona nelle orecchie quello della domenica che l’ha preceduto, quando Gesù spiegava che il Figlio dell’uomo doveva essere innalzato come il serpente nel deserto ai tempi di Mosè.
Ora Gesù dichiara espressamente che sta per essere innalzato, e che in quel momento attirerà tutti a sé. È arrivato il momento del giudizio di cui parlava a Nicodemo, quando “chi crede non andrà perduto”, ma si salverà. La Pasqua è imminente: sembra che le tenebre scendano perché Gesù viene ucciso, ma in realtà splende la luce. In Gesù che dà la vita infatti si mostra la gloria di Dio, risplende la sua vita e il suo amore. Il mistero intimo di Dio è posto davanti agli occhi di tutti proprio in Cristo che viene innalzato, perché chiunque vuole possa “alzare lo sguardo su di lui e venire salvato”. Al di fuori di lui non si dà alcuna speranza di salvezza, solo tenebre.
Il dramma della Passione è terribile. Gesù dovrà subire un trattamento infame e crudele; nessuna consolazione e nessuna pietà attenueranno ciò che gli viene riservato. Prima di consegnarsi a tale sorte, è turbato profondamente, ma non può tirarsi indietro: la sua vita, ciò che lui è stato e ha compreso, culmina in quest’ora. Lui è il Figlio prediletto del Padre, non può rinnegarlo: quindi, mantenendo fede a ciò che il Padre gli mostra e gli insegna, subirà la morte. In questo momento, Gesù incoraggia i suoi dando loro la capacità di leggere ciò che sta succedendo: ciò che vedranno è ciò che accade “quando il chicco di grano cade nella terra”.
Sembra che si distrugga, ma proprio da tale distruzione nasce la vita e una pianta capace di sfamare: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. La gloria di Gesù sarà la capacità di portare frutto proprio nel dare la vita. Morendo attirerà tutti a sé, e così “diventerà causa di salvezza” per tutti o, meglio, per coloro che gli obbediscono, come dice la Lettera agli Ebrei. Infatti anche i credenti devono assumere il suo stile se vogliono salvare la propria vita: se la doneranno, obbedendo alla logica insegnata da Gesù, la salveranno; se invece cercheranno di conservarla, finiranno come il chicco che non viene piantato, un seme inutile e sterile. Non si può seguire Gesù se non sulla via di un amore che è disposto ad andare fino alla fine: la Quaresima è servita proprio per convertire il cuore al suo modo di essere e per essere conformati a lui.
Ora bisogna andare fino in fondo. Allora celebreremo con gioia la nuova alleanza di cui già si rallegrava il profeta Geremia: un’alleanza che non si può più infrangere, perché i nostri cuori sono stati resi capaci di amare come Gesù. Ormai la vita stessa di Dio ci è stata partecipata. Abbiamo conosciuto il Signore: non solo ci è stato mostrato il segreto della sua vita, del suo pensare e del suo volere, ma il nostro cuore è stato plasmato sul modello di ciò che ci è stato fatto contemplare. Possiamo affrontare la vita e la morte come ha fatto Gesù, e quindi entrare nella vita eterna, la vita stessa di Dio. Questo è ciò che Cristo ci ha guadagnato consegnando se stesso per noi. Abbiamo iniziato questo cammino riconoscendoci peccatori, con la cenere sul capo, ma ora possiamo rallegrarci della salvezza che viene da Dio: non solo Dio perdona e dimentica le colpe, ma crea in noi un cuore puro, capace di amare come Lui.
Il nostro peccato e le nostre paure non ci dominano più: è il Signore a dominare sul nostro cuore. Eccolo, viene innalzato, attira tutti a sé, consegna se stesso. Non ci rimane altro che alzare lo sguardo e lasciarci attrarre: stiamo per rinascere, il momento è arrivato. Il Principe di questo mondo viene cacciato fuori.